Un tema ampio e variegato quello della sicurezza in mare e nei porti, trattato, nei diversi aspetti normativi e formativi, durante il seminario organizzato dal Distretto Tecnologico Navale e Nautico del Friuli Venezia Giulia nei locali della Capitaneria di Porto di Trieste con il contributo di "progettoMare" e il patrocinio del Comando della Guardia Costiera di Trieste, dell’Autorità Portuale e dell’Associazione Italiana Ambiente e Sicurezza.
I lavori sono iniziati dopo i saluti e ringraziamenti del sindaco di Trieste, Roberto Cosolini, del Capitano di vascello, Enrico Castioni, del Capitano della Capitaneria di Porto giuliana, Antonio Basile, e del Direttore Sicurezza Ambiente, Fabio Rizzi, in rappresentanza dell’Autorità Portuale di Trieste.

Un seminario - come ha voluto sottolineare il presidente di Ditenave, Livio Marchesini - che è stato organizzato già prima degli ultimi eventi che hanno portato agli onori della cronaca le problematiche della sicurezza in mare, ed è il risultato di una collaborazione sinergica efficiente tra i diversi soggetti interessati alle tematiche portuali: Ditenave, Polo Formativo dell’Economia del Mare, Capitaneria di Porto e Autorità Portuale.

Al tavolo si sono alternati relatori della Capitaneria di Porto ed esperti della formazione e della sicurezza che sono entrati nel dettaglio degli aspetti formativi, tecnici e normativi in tema di sicurezza.

Risale al 21 dicembre 2011 l’ultima novità normativa in tema di formazione dei lavoratori. Infatti, in quella data - ha spiegato Silvia Fragiacomo, esperta nella Formazione per la Sicurezza - è stato firmato l’accordo Stato-Regioni (http://www.testo-unico-sicurezza.com/Accordi-Conferenza-Stato-Regioni-formazione%20-RSPP-datori-di-lavoro-e-lavoratori.html) che ha introdotto alcune importanti novità tra cui le ore di formazione obbligatoria minima, il cui conteggio - di 4, 8 o 12 ore - varia a seconda del grado di rischio attribuito al settore di appartenenza dell’azienda e le ore di aggiornamento, possibili anche in modalità di e-learning. L’accordo ha disciplinato anche la formazione dei preposti e dei dirigenti con compiti dei responsabili e addetti area sicurezza (RSPP, ASPP).
La Fragiacomo ha poi evidenziato i fattori che possono determinare la "non sicurezza", come, ad esempio, la ripetitività dei compiti, l’eccessiva confidenza con il lavoro o, al contrario, la scarsa familiarità con la mansione. Per ridurre le situazioni di rischio - ha concluso - è importante realizzare percorsi di formazione continua con approccio interdisciplinare, coinvolgendo tutti i soggetti addetti alla sicurezza e utilizzando metodologie didattiche adeguate, incentivando uno spirito critico ed esaminando gli eventi infortunistici che si verificano.

Conclusioni condivise dal Direttore Sicurezza Ambiente, Fabio Rizzi, che ha sviluppato il tema della sicurezza in ambito portuale, in particolar modo nel porto di Trieste. Con 41 imprese operative, 1410 addetti di cui 1029 operai e 381 impiegati, una delle variabili fondamentali per garantire la sicurezza in ambito portuale è il coordinamento tra l’ente portuale e le imprese stesse, anche perché spesso accade che gli eventi infortunasti coinvolgano individui impiegati in imprese differenti.
Attraverso uno strumento statistico in uso nel porto giuliano da una decina di anni, si riesce ad ottenere un quadro sommario delle attività e degli infortuni che si verificano. Ogni impresa operante nel porto di Trieste - ha spiegato Rizzi - è, infatti, tenuta a informare l’autorità portuale di eventuali infortuni. L’indice di frequenza degli infortuni nel porto di Trieste è rimasto tra il 2006 e il 2010 pressoché invariato attestandosi, nell’ultimo anno considerato, intorno al 39%. Tuttavia, lo strumento rimane approssimativo a causa di una "naturale" reticenza da parte delle aziende a comunicare ogni episodio all’autorità. Per il futuro, gli obiettivi dell’Autorità Portuale di Trieste in questo frangente riguardano il riconoscimento delle professioni portuali, a Trieste non ancora codificate e definite formalmente, la fissazione di un sistema di certificazione delle abilitazioni e il rispetto dell’accordo Stato-Regioni dello scorso dicembre.

Qual è l’incidenza degli infortuni in Friuli Venezia Giulia? Ne ha parlato il vice presidente dell’IRES, Enzo Forner, snocciolando una serie di dati statistici dell’INAIL, riferiti a triennio 2006-2008. Non c’è da entusiasmarsi: il Friuli Venezia Giulia si trova al quarto posto nella classifica delle regioni a più alto indice di frequenza infortunistica. Tuttavia, una consolazione è data dalla gravità degli incidenti perché si registra una bassa percentuale di infortuni che causano inabilità permanente o decesso.
L’ambiente portuale è uno dei settori in cui si registrano più frequentemente infortuni.
Inoltre, dai dati emerge che, tra le province, è Gorizia a vincere la maglia nera per numero di infortuni (ben 130 su 1000), una percentuale tra le più alte a livello nazionale.
È da precisare che sul territorio regionale c’è una forte presenza di settori ad elevato rischio di infortuni (metalmeccanico, navalmeccanico, edilizia, legno, trasporti) e di categorie a rischio.
Il consiglio è sempre lo stesso: formazione continua, analisi dei casi di incidenti, elaborazione di report e procedure a garanzia della sicurezza degli operatori.

Per quanto riguarda la formazione - ha specificato Marina De Tina dell’IRES - sono diversi i fondi a cui le aziende possono attingere per avviare percorsi formativi in tema di sicurezza. Le attività in questo campo sono considerate extra-professionali, aggiuntive. Tuttavia, avvalendosi della legge 388/2000, la somma dello 0,30% che le imprese sono obbligate a versare, può essere destinato a questo tipo di attività formativa. I fondi principali in Friuli Venezia Giulia sono Fondimpresa, FAPI, FORTE, FonCoop e Fondartigianato.


Elisa Tunini


Per ulteriori approfondimenti in tema di sicurezza, leggi il magazine n.14 di Adriatic Sea Network "Sicuramente in porto"



Protagonisti
DITENAVE Distretto tecnologico navale e nautico del Friuli Venezia Giulia