Non ci sono risposte sicure, ma possiamo avvicinarci a scenari plausibili. Dipende da noi sfruttare l'economia cinese come un'opportunità e non pensare, invece, che sia un pericolo.
Questa la sintesi di quanto dibattuto martedì 5 aprile alla conviviale del Propeller Club di Trieste che aveva per titolo: “La Cina rallenta la crescita – quali le ricadute sull’economia, sui traffici internazionali e su quelli dei porti del Mediterraneo?” La serata ha visto gli interventi di grandi esperti dell’argomento; hanno infatti portato la loro esperienza Romeo Orlandi, vicepresidente di Osservatorio Asia e docente all’Università di Bologna, Marco Spinedi, presidente dell'Interporto di Bologna e membro del comitato scientifico di Osservatorio Asia, Pierluigi Maneschi, presidente di Italia Marittima e l'avvocato Alberto Pasino associato dello Studio Zunarelli di Bologna.
«L'emersione della Cina ha fatto bene ad alcuni Paesi europei ed è stata subìta da altri – ha spiegato il professor Orlandi -. Una crescita del Pil al 6,9% come quella attuale può significare che una crescita percentuale a due cifre di sviluppo su base annua è arrivata alla fine e che si è creata, ed è un passo importante e positivo, una stabilizzazione. Un modello quantitativo, che ha fatto della Cina la "fabbrica del mondo"». Sempre secondo Orlandi esistono due scenari possibili: la riduzione della differenze tra noi e i Paesi emergenti senza che si abbassi il nostro benessere, oppure una crescita dei Paesi emergenti a scapito della nostra economia. Per questo motivo la Cina rappresenta contemporaneamente un pericolo ed un'opportunità. La relazione del professor Spinedi è stata invece un mix di pessimismo e di vantaggi da poter utilizzare. «Il Sud Italia sta diventando un deserto, non si fanno più figli e la saturazione dei consumi nei nostri mercati sta portando alla modifica dei servizi. Dobbiamo esportare il know how della logistica – ha affermato Spinedi – e in questo contesto l'Adriatico rappresenta un'opportunità, ma bisogna organizzarsi in maniera diversa».
La lunga esperienza imprenditoriale del presidente di Italia Marittima, Pierluigi Maneschi, ha attratto in maniera particolare l'attenzione della platea soprattutto nella descrizione delle caratteristiche salienti del popolo cinese. «E' difficile trovare le risposte, la Cina rimane un mistero, un Paese moderno dal punto di vista infrastrutturale e arcaico dal punto di vista della governance. L'Italia è rimasta esclusa dal rapporto privilegiato che la Cina ha con certi Paesi – ha spiegato Maneschi – e che avevamo anche noi fino ai primi anni '90. Va detto che fino a qualche tempo fa in Cina c'era la gente che moriva di fame, oggi non è più così, nonostante le disuguaglianze. Cresce il Pil e aumenta il benessere; non abbiamo diritto di giudicarli perché noi non siamo stati capaci di fare questo. Noi siamo cresciuti facendo debiti». A chiudere la serata l'intervento del giurista Alberto Pasino, che ha ripercorso la storia recente della Cina, ricordando gli strumenti messi a disposizione degli imprenditori per lo sviluppo, come le Zone economiche speciali. «Oggi siamo di fronte ad una nuova fase e più di qualche amministratore locale in Cina dovrà decidere – ha concluso Pasino - se applicare ciò che è necessario essere fatto o fare scappare gli investitori».
«Quella di stasera – ha commentato Fabrizio Zerbini, presidente del Propeller Club di Trieste, è stata una grande occasione per ascoltare tesi ed informazioni che non si conoscono, su un tema che in realtà influenza la nostra vita quotidiana.