Conferenza nella mattinata del 22 maggio 2013 presso la sala conferenze della Centrale Idrodinamica del Punto Franco Vecchio di Trieste, organizzata in collaborazione con esponenti della realtà portuale e marittima adriatica.

Il Mediterraneo, mare che lambisce le nostre coste, viene designato come luogo ad alto valore, contraddistinto da un’immensa diversità di fauna e flora, caratterizzata da un ampia quantità di specie endemiche.
La zona mediterranea è inoltre attraversata da forti traffici marittimi petroliferi e navi da turismo, quali crociere o navi da diporto, e quindi da una miriade di porti commerciali e turistici, ben 286 i primi e 750 i secondi. Si stimano infatti quasi 200.000 turisti all’anno in tutto il mediterraneo, e la presenza di migliaia di imbarcazioni, connesse al trasporto passeggeri e non, quali traghetti, che ammontano a 2.000 in totale nelle nostre coste, 1.500 cargo, 300 navi cisterna e centinaia di imbarcazioni commerciali.
Si avverte quindi un forte traffico commerciale, che, nonostante faccia del nostro paese un punto di riferimento, crea non poche problematiche relative alla situazione ambientale e marina.
Una delle criticità principali è stata presentata e, di seguito approfondita, da Carlo Franzosini, biologo della Riserva Marina di Miramare e Paola Del Negro, ricercatrice e presidente della sezione di biologia marina dell’istituto OGS, ovvero quella sulle ‘acque di zavorra’.
Un numero consistente di specie, dalle 3.000 alle 4.000 (e si specificano solo quelle visibili ad occhio nudo!), sono veicolate e trasportate in altri habitat dalle suddette acque, creando non poche problematiche.
Le grosse navi per il trasporto merci utilizzano infatti l’acqua per abbassare il centro di massa e stabilizzare lo scafo, che viene aspirata da apposite valvole e successivamente, al termine del tragitto percorso, rilasciata.
E’ chiaro quindi che con l’acqua sono aspirate anche specie planctoniche, comunità microbiche e quant’altro, che rilasciate poi in ambiente alieno, rischiano di cambiare la catena alimentare e causare non pochi disagi.
Nonostante esistano leggi a riguardo della “same location”, ancor’oggi queste risultano labili e poco precise, non riuscendo dunque a risolvere problematiche relative alla biodiversità.

A questo proposito è inoltre interessante specificare come una grande quantità di microrganismi marini siano adattabili all’ambiente in cui vivono e alle sostanze che ingeriscono. Alcuni di loro infatti posseggono lunghe catene molecolari che hanno la capacità di modificare la propria dieta.
In caso di sversamento e perdita di sostanze nocive, quali petrolio, idrocarburi ed olii, tali organismi riescono infatti ad agire e a fare degradare tali sostanze rilasciate nelle acque.
Sembra paradossale ma attraverso un processo nel complesso abbastanza semplice, i piccoli abitanti marini con un’azione naturale, possono risolvere danni causati dall’uomo: i microrganismi infatti trascinano una molecola appartenente alla sostanza tossica e da eliminare, nella cellula dove viene sciolta in piccole gocce, e pian piano degradata. Cibandosi di questa.
Se dunque la materia sversata non è eccesiva e la quantità di fauna batterica attiva e prospera, godiamo di un perfetto rimedio naturale, sul quale l’uomo potrebbe intervenire soltanto per favorirlo.

a cura di Teresa Zeleznik