L’intera area industriale di Porto Marghera ricade entro l’ambito portuale dell’Autorità Portuale di Venezia. Le banchine portuali possono essere sfruttate per alimentare attività nei grandi spazi retrostanti per il condizionamento e ricondizionamento delle merci e le altre attività di trasformazione leggere ad alta intensità occupazionale che si accompagnano all’ attività logistica.

Il doppio mercato - trasformazione leggera locale e inoltro delle merci - a servizio della ricca economia triveneta e della Lombardia orientale - è di grandi dimensioni. Un mercato oggi servito per almeno il 40% dai porti di Anversa e Rotterdam che va recuperato superando il concetto per cui il porto di Venezia ha gli spazi (quelli di Marghera) ma non i fondali.

Le attività portuali e logistiche sono tra quelle che possono contribuire a dar corpo al rilancio occupazionale di Marghera
secondo una strategia di lungo respiro tesa a favorire attività in grado di stare sul mercato e confrontarsi con le dinamiche economiche globali.
E l’Autorità Portuale intende dare un contributo concreto in questo senso, fin da subito, contando anche sulla possibilità di ridefinizione territoriale della “zona franca” doganale, privilegio attribuito al porto di Venezia assieme ai porti di Trieste, Genova e Napoli.

A partire dall’area Montefibre e Syndial su cui sorgerà un terminal container e annesso district park. Un progetto che può produrre da subito effetti occupazionali partendo con le bonifiche non appena ottenuto il decreto del Ministero Ambiente che approva il progetto di recupero ambientale già definito con esito positivo in Conferenza di servizi il 13 gennaio 2009 con effetti positivi per il re-impiego di una parte del personale di Montefibre, oggi in cassa integrazione. A tal fine è intenzione dell'Autorità portuale di affidare in gara i lavori di bonifica privilegiando soggetti che si impegnino ad occupare il più alto numero di persone esperte del sito da individuare tra quelli in cassa integrazione.

Gli effetti occupazionali, una volta a regime il terminal container e annesso district park avranno invece dimensioni ben più rilevanti, circa 1000 occupati, che potrebbero ulteriormente aumentare non appena sarà completato, un terminal d’altura capace di utilizzare fondali naturali a - 20 metri da localizzare in mare poche miglia al largo della bocca di Malamocco.

Ma è necessario partire subito. Servono non solo gli ammortizzatori sociali per garantire a chi ha perso il posto di lavoro di vivere in maniera meno traumatica la transizione e la successiva reintegrazione nel sistema produttivo ma anche la collaborazione delle istituzioni pubbliche ai processi di bonifica delle aree al fine, decisivo, di contenere al massimo l’intervallo di tempo tra la chiusura delle attività dismesse e l’avvio di nuove attività.

Abbattere i tempi di bonifica significa anticipare i tempi della riconversione delle aree e, conseguentemente, anticipare il recupero occupazione di Marghera.

Ovviamente intelligenza strategica vuole che si destinino aree funzionali ai diversi progetti - siano essi logistico-portuali, industriali o di servizi - in modo da non perdere alcuna occasione di nuovo sviluppo. Ed è per questo che, a fronte di una richiesta per la realizzazione di un impianto precursore per la produzione di fibre di carbonio avanzata dalla cordata di Apindustria, l'Autorità Portuale di Venezia ha prontamente identificato a Marghera un'area di sette ettari vicino al Canale Sud, adatta ad ospitare la tipologia produttiva prevista nella proposta industriale.

Ufficio stampa - Autorità Portuale di Venezia