“Sul Mare” è la rubrica di Adriatic Sea Network dedicata agli appassionati dei viaggi e del mare. Racconti di viaggio, recuperati dalle veline originali dattiloscritte da Italo Orto, pioniere del giornalismo italiano, che presenziò, raccolse e trasformò in notizia i principali avvenimenti delle grandi navi della flotta del Lloyd Triestino.

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PORT SAID – gennaio. Il Canale di SUEZ: un’autostrada marina sulla quale trascorrono nei due sensi porzioni di territorio di ogni paese sagomate d’acciaio che si chiamano navi. Lungo i 178 kilometri di questa via azzurra che mena ai paesi delle favolose ricchezze e delle avventure più fantastiche, sognate sui libri di SALGARI e sulle carte degli atlantini sin da ragazzi, si lavora alacremente. Oltre 10 mila persone, in parte con prestazioni volontarie e gratuite, rimuovono 70 milioni di metri cubi di sabbia e di roccia lungo le rive mentre le draghe devono sollevare dal fondo altri 6 milioni di metri cubi di materiale in modo da garantire entro il 1963 il raddoppio del Canale. Dovrebbe così poter essere eliminato l’attuale inconveniente dei convogli che condizionano anche le operazioni di trasbordo a PORT SAID.

È in questa città, che oggi conta quasi 200 mila abitanti, che il Canale ha inizio. Sulla stretta penisola, prima del taglio dell’istmo, abitavano solo pochi pescatori. La nave non va incontro alla banchina ma è questa che le viene portata sotto bordo. Una teoria di chiatte, costituite da grandi serbatoi collegati fra loro, raggiunge lo scalandrone mentre a prua viene issato il pallone-avviso dell’ancora a mare e si prepara il potente faro che illuminerà, a notte, le rive d’AFRICA e d’ASIA durante l’attraversamento del Canale. Si dovranno impiegare 14 ore navigando a non più di otto miglia all’ora, per evitare l’erosione delle rive, prima di arrivare al MAR ROSSO.

Di aprire un collegamento fra il MEDITERRANEO e questo mare si era già pensato nel duemila avanti Cristo. Il faraone SENOURSET prima, il re persiano DARIO poi, TRAIANO, gli arabi di AMR IBN EL ASS sfruttarono tutti i bracci del NILO per i loro traffici. La costruzione dell’attuale canale ebbe inizio il 25 aprile del 1859 e fine il 18 agosto del 1869 quando le acque del MAR ROSSO entrarono nei LAGHI AMARI, dove quelle del MEDITERRANEO erano giunte due mesi prima. Percorrendo oggi questa via d’acqua su una nave moderna scompare l’impressione ricevuta guardando una carta geografica. Non una breve striscia di mare che si insinua fra due continenti, ma una via ben larga, con una profondità variante sui tredici metri in cui si riflette il barbaglio d’oro del deserto. Per creare questa vena azzurra di cobalto sono state spese allora 200 milioni di sterline e sarebbero state immolate all’implacabile sole del deserto ben 120 mila vite umane incaricate di rimuovere 75 milioni di metri cubi di sabbia.

Nel primo tratto del Canale lungo la riva occidentale corre la ferrovia per il CAIRO e si passa ad EL KANTARA l’antica via carovaniera per GERUSALEMME. Al 42° miglio ISMAILIA, nel verde dei suoi giardini e dei suoi viali appare come un’oasi che ha del miracoloso sullo sfondo monotono del deserto che si estende fino al golfo di Suez, rotto solo dalle acque dei LAGHI MENZALEH; BALLAH; TIMSAH ed infine dai LAGHI AMARI. Ad ISMAILIA ha sede oggi l’organismo egiziano del Canale cui il 26 luglio del 1956 il presidente NASSER affidò la gestione dell’importantissima via d’acqua. Politicamente e tecnicamente la decisione venne variamente commentata e suscitò reazioni a tutti note. Si pronosticò da moli un rapido insuccesso. Invece il Canale di Suez è oggi più efficiente di prima, poiché è in atto l’allargamento della sua sezione liquida che consentirà entro brevissimo tempo un maggior pescaggio alle navi. E noto che, come un pesce in poca acqua nuota male, così una nave manovra male. Perciò i nuovi amministratori del Canale hanno deciso di impiegare circa 100 miliardi di lire per migliorare l’arteria equorea che fa risparmiare alle navi dirette in Oriente circa il 50%del tempo e del consumo.

Sulle rive del lago TIMSAH si innalza al cielo, quasi a sostenerlo un monumento costituito da due immensi pilastri di pietra. Ai piedi due figure femminili raccolte nelle ali potenti sembrano vigilare. Non hanno alcuna parentela con le sfingi, se si toglie l’imponenza. Ricordano che uomini accorsi da Oriente e da Occidente hanno trovato qui la morte e l’hanno affrontata scientemente fra le sabbie nel1915 per proteggere, in questo paese che fu la culla di antichissime civiltà, uno dei fulcri vitali della civiltà moderna.

Il Governo egiziano, che è rimasto impassibile davanti alla demolizione della statua di LESSEPS, giganteggiante fino a cinque anni fa all’imboccatura del Canale a PORT SAID, ha curato la conservazione di questo monumento. Ha ribadito, nelle sue intenzioni, con questo gesto, l’assoluta libertà di transito per tutti, con un’unica eccezione a tutti nota. E processi alle intenzioni non se ne possono fare, specie quando i fatti di questo primo quinquennio stanno a suffragarle.

Italo Orto [articolo integrale]