“Sul Mare” è la rubrica di Adriatic Sea Network dedicata agli appassionati dei viaggi e del mare. Racconti di viaggio, recuperati dalle veline originali dattiloscritte da Italo Orto, pioniere del giornalismo italiano, che presenziò, raccolse e trasformò in notizia i principali avvenimenti delle grandi navi della flotta del Lloyd Triestino.

--------


La città che oggi conta due quinti del totale degli abitanti della zona del Canale di Suez, apparirebbe improvvisa ed inaspettata, come un miraggio, se non fossa stata preannunciata dal suo faro, alto 56 metri. La costa egiziana è qui talmente bassa e piatta che quasi nulla si po’ vedere della città prima che la nave, imbarcato il pilota, entri nella "canaletta di boe" che conduce al porto e quindi all’ingresso del canale.Port Said è stata edificata su una stretta penisola che prima del taglio dell’istmo era abitata solo da pochi pescatori. Oggi gli abitanti sono quasi 200 mila, ma il numero dei pescatori non è aumentato.

Vediamo la loro flottiglia ormeggiata nel porticciolo, presso il basamento che già sosteneva la statua di Lesseps, fatta saltare nel 1956, mentre la M/n Brennero sfila lentamente. Riusciamo a leggere qualche nome: "Santa Maria", "San Giovanni", "Dio provvedi". Ma non si tratta di pescherecci italiani. Appartengono ad arabi ed anche i componenti gli equipaggi che sentiamo gridare sulle tolde, pur indossando il pigiama o la galabiah, la tunica tradizionale, intercalano al proprio idioma termini marinareschi comuni sui nostri natanti da pesca. Retaggio dei secoli passati, da quando cioè i contatti con i pescatori del meridione sono diventati consuetudine.

L’atlante linguistico Mediterraneo, che prossimamente dovrebbe essere pubblicato per interessamento di un apposito comitato internazionale, dovrebbe precisare i rapporti fra i pescatori italiani e del levante, specie per quanto riguarda la nomenclatura degli attrezzi da pesca e dei pesci. La cosa ci torna alla memoria mentre la nave procede lentamente. Ma non è la Brennero che va incontro alla banchina, quando viene issato il pallone-avviso dell’ancora a mare, bensì è la banchina che viene portata sottobordo. Una teoria di chiatte, costituite da grandi serbatoi, collegati fra loro, raggiunge lo scalandrone a dritta mentre a prua si prepara il potente faro che agevolerà le operazioni di trasbordo delle merci.

Port Said è infatti come un semaforo piantato in mezzo ad un gigantesco crocicchio fra tre continenti: Europa, Asia ed Africa ed è perciò naturale che qui convergano genti di tutte le razze e merci di ogni paese. Poiché molte linee proseguono direttamente per il Tirreno e l’oltre Gibilterra, è a Port Said, ancora senza banchine operative, che vengono effettuate con chiatte le operazioni di trasbordo su altre unità dirette nei porti del Levante e in Adriatico.

Questo è il caso della Brennero della società Adriatica che con le gemelle Bernina e Stelvio assicura il collegamento regolare fra i porti dei due versanti italiani e quelli del Medio Oriente. Mentre venivano compiute le operazioni d’ormeggio, diverse polizie avevano iniziato quelle per l "pratica" della nave. I passeggeri in transito in Egitto oggi possono scendere quasi subito. Verranno immediatamente attorniati da venditori magnificanti fez (il berretto nazionale un tempo, oggi calzato solo dai turisti), borse di pelle (il cui odore si sente lontano parecchie decine di metri), selle per cammelli, datteri, lacci per scarpe e fotografie. Alcune di queste sono accuratamente celate fra le pieghe delle galabiah.

"Scandaloso" sussurrano gli arabi all’orecchio dei possibili acquirenti, guardandosi intorno e strizzando l’occhio in segno d’intesa. Nasser ha severamente vietato questa forma di commercio, che tuttavia è ben lungi da morire. Si resta un po’ male nel sentirsi apostrofare ognuno nella propria lingua. Una compagna di viaggio che da Bari non aveva fatto altro che ripetere alcune parole arabe convinta di doverle usare per farsi comprendere, è stata subito avvicinata da un venditore di giornali che, allungandole un quotidiano romano vecchio di dieci giorni invitata: "Leggere signora. Gazzetta italiana. Ultime notizie. Tre piastre". Tre piastre equivalgono circa 50 lire. La signora ha cercato di rifarsi dei suoi studi e della sua sorpresa dichiarando decisamente: "mafisch", "non ne ho". Inutilmente, perché l’arabo con un sorriso ha replicato: "essere buone anche lire italiane". E l’affare è stato concluso felicemente per l’arabo e anche per la sua vittima che diversamente non sarebbe riuscita a toglierselo dai piedi.

Abbiamo varcato la cinta doganale. Guardiamoci un po’ intorno. La città appare costruita secondo un piano regolare a chi la osservi da questo punto, ma appena passata la quarta strada parallela al canale, le costruzioni in cemento lasciano il posto al villaggio arabo: case cadenti ma pittoresche, che fanno perdere il senso del verticale e dell’orizzontale, strade strette dove ruzzolano innumerevoli bimbi, dove odori e colori si fondono e confondono i turisti in questo loro primo contatto con l’Oriente più puzzolente che misterioso.

Lungo la spiaggia, sul Mediterraneo, un Pascià ha edificato una grande moschea proprio di fronte alla chiesa cattolica. In entrambe le costruzioni si è cercato di introdurre concetti nuovi, moderni, come il regime di Nasser suggerisce. Nella cattedrale, ad esempio, la statua della Vergine ha un’aureola al neon mentre sul minareto della moschea ci sono delle belle trombe esponenziali. Allah è grande e per il suo figlio muezzino ha provveduto. Questo può starsene ora comodamente seduto, avvolto nella sua galabiah, con in testa il tabush, opportunamente celato da un grosso turbante, e cantare in un microfono. Cinque volte al giorno, ma senza spreco di fiato.

Porto Said si può dire cambia volto ogni 12 ore, ad ogni arrivo cioè di convogli che percorrono la grande idrovia che è stata la fortuna dell’antica Clysma, com’era conosciuta al tempo dei romani la piccola località egiziana. Negozi sempre aperti caratterizzano la città che negli ultimi anni comunque ha perso in vivacità ed anche in interesse. Nei "magazzini" è vero, voi potrete fare acquisti vantaggiosissimi o venir defraudati per lo meno al doppio del prezzo reale degli oggetti acquistati, ad onta delle precise disposizioni governative che disciplinano le vendite. Ma sono i turisti che cominciano a difettare, e forse anche il sistema e qualche prevenzione contribuiscono a questo regresso. Si può essere sicuri di ciò che si acquista da Simon Arz, il grande emporio ora nazionalizzato.

L’ultimo proprietario era un italiano, Benderli, che ricopriva anche la carica di presidente della camera di commercio italo - egiziana, quando a Port Said i connazionali erano alcune migliaia e la casa d’Italia era considerata il luogo di ritrovo più accogliente della città, dopo gli alberghi della catena Simonini.

Il vecchio Simonini era arrivato in Egitto all’epoca dello scavo del canale. Era giunto dal nativo Friuli senza mezzi, ma con tanta buona volontà. Venendo a morire, grazie alla caparbietà e alla volontà di lavorare, che peculiare della sua gente, aveva potuto lasciare ai figlioli 4 alberghi ed uno stabilimento balneare che riassumevano in sé il meglio della Port Said europea. Suo coetaneo, il vecchio Simone vendeva alle navi in transito cianfrusaglie che portava sottobordo con una piccola imbarcazione, proprio come ancor oggi fanno centinaia di arabi. Morendo lasciò a ricordo di sé un grande edificio a tre piani che, di notte, illuminato fantasmagoricamente è un po’ il faro dei turisti. Il suo nome è conosciuto in mezzo mondo. Ma oggi, purtroppo, sta declinando nel prestigio. A ricordarlo vi sono in Egitto ancora solo le sigarette Simon Arz, che le signore preferiscono. E degli stabilimenti Simonini oggi non resta che il solo Casinò Palace Hotel che, con la sua architettura tipicamente coloniale dell’inizio del secolo, sembra un malinconico superstite di un periodo ormai scomparso.

Resta ancora di un terzo pioniere, Giulio de Castro, quanto può farci orgogliosi, come connazionali. Istriano, energico e dotato di grande sensibilità commerciale, egli cominciò a fornire le navi di carbone. Piccolo commercio, poteva quasi essere considerato allora. Era difficile prevedere che oggi basta indirizzare "Decastro" a Port Said, Alessandria, Cairo o Suez, perché la corrispondenza arrivi. Ai figli e a un nipote di De Castro fa capo oggi infatti un’impresa che comprende un cantiere di riparazioni per i natanti del canale e la rappresentanza di quasi tutte le navi battenti bandiera italiana e di molte di bandiera estera.

Italo Orto [articolo integrale]
 

 


Articoli pubblicati di recente:


~ Viaggio lungo la rotta della croce del Sud