"Sul Mare" è la rubrica di Adriatic Sea Network dedicata agli appassionati dei viaggi e del mare. Racconti di viaggio, recuperati dalle veline originali dattiloscritte da Italo Orto, pioniere del giornalismo italiano, che presenziò, raccolse e trasformò in notizia i principali avvenimenti delle grandi navi della flotta del Lloyd Triestino.

--------


Sono stato al "museo" privato del signor Kaikj Muncherjee, un fornitore marittimo di Aden, fortunato proprietario di una rarità: due sirene, o meglio, una sirena ed un sireno. Non posso dire di averle proprio ammirate. Stanno goffamente impagliate, completamente impeciate con pennellate di vernice rossa sulle aperture praticate per estrarre il cervello, che il museo conserva in non so bene quale liquido, e su quelle che dovrebbero essere le labbra dei due animali. I due esemplari hanno ciascuno due denti, non molto lunghi, ma grossi e distanti l’uno dall’altro, le pine laterali e la coda come le foche, le zanne mozze che ricordano un tricheco senza baffi. Questi pochi particolari, con la rozza impagliatura e lo strato di pece che copre tutto il corpo, a parte le zone rosse già accennate, tolgono ogni collegamento mentale con le sirene della mitologia. Naturalmente nessuno ha sentito questi due esemplari cantare, ma dal loro aspetto oggi si ha la precisa impressione che tutt’al più poteva trattarsi di un grugnito.

Le due sirene del museo Kaikj giunsero nelle acque di Aden, a quanto mi è stato detto, nel 1916, impigliate nelle eliche di una nave, già morte e quindi non più in grado di incantare con la loro voce soave gli adenesi dell’epoca. C’è una fotografia dell’epoca: i due malcapitati sirenidi sono in posizione eretta e la femmina mostra qualche cosa di simile ad un seno muliebre (ben lungi però da quello delle maggiorate fisiche nostrane e straniere, divenute celebri quasi esclusivamente per tale maggiorazione) che è scomparso nella operazione di imbalsamazione. Gli esemplari, a giudicare dagli uomini che sono loro vicini nella fotografia, dovevano essere lunghi circa un metro e sessanta e le operazioni di conservazione non li hanno ridotti in lunghezza, pur aumentandoli in larghezza. Arrivo a comprendere che quando furono tratti dal mare i due animali abbiano suscitato una certa curiosità fra la popolazione locale e che abbiano effettivamente fatto nascere la favola della sirena, ma non comprendo come la loro esistenza possa essere ricordata ancora se non come curiosità scientifica, in quanto si tratta di animali che indubbiamente non avevano la loro stabile residenza en queste zone.

È invece una delle prime cose di cui vi parleranno se avrete la fortuna, o sventura, di mettere piede in Aden. Vi narreranno, come ha fatto a me il nostro viceconsole, Giulio Pisani, la storia della giovane sirena, fuggita di casa con il suo innamorato, perché i genitori non volevano consentire al matrimonio e finita, unitamente al corteggiatore, fra le pale di una volgarissima elica. Forse lui incantato dalla voce di lei non ha sentito l’avvicinarsi del pericolo mortale, e lei, piuttosto che rimanere sola ed abbandonata in mari ignoti, ha voluto seguirlo nella stretta mortale dell’acciaio e farsi trasportare a lui avvinta, verso i lidi di Aden. Una specie di Giulietta e Romeo subacquei, che han trovato la pece insieme su un trespolo di legno verniciato, in una stanza chiusa a doppio chiavistello del commerciante baniano Kaikj Muncherjee, in quell’inferno riscaldato che è Aden.

A chi arriva, infatti, la colonia inglese, famosa come fortezza e come porto si presenta sotto un aspetto piuttosto proibitivo. Le nude rocce sorgono improvvisa dalle sabbie desertiche e si protendono nel mare, quasi a sfidare lo straniero ad avvicinarsi. Eppure, dietro a questa apparente minaccia a ridosso di queste rocce nere, prive di ogni vegetazione, si stende uno dei porti più frequentati del mondo, ove ogni giorno 17 navi sostano per riempire i serbatoi di carburante e procedere dopo poche ore per altri idi, certo più ospitali. Nel 1958 il porto è stato usato da sei mila navi, rappresentanti complessivamente 27 milioni e mezzo di tonnellate di stazza ed in parte battenti bandiera italiana. La flotta mercantile del nostro paese è infatti al secondo posto, grazie in particolare ai servizi passeggeri e merci del Lloyd Triestino.

L’atmosfera di movimento del porto si riflette sulla terraferma, ed al turista o al passeggero per brevi ore Aden appare come una città continuamente sveglia. Le strade movimentatissime risuonano dello stridore di gomme sull’asfalto ed il traffico intenso ha brevi soste soltanto per il passaggio di dondolanti, antichi carri trainati da cammelli o per le innumerevoli capre che attraversano e riattraversano la strada, evitando miracolosamente le veloci ruote dei veicoli, quasi fossero dotate di un sesto senso. Veramente un’alta leggenda di Aden afferma che esse hanno mangiato l’albero del bene e del male. Secondo i locali infatti questa penisoletta sull’Oceano Indiano di soli 185 chilometri quadrati, era in origine il paradiso terrestre, ricco di vegetazione, che le capre si sarebbero mangiate, albero compreso. Ecco perché sono sagge e non finiscono mai sotto le automobili, alle quali, anzi, se possono, mangiano le capotes. Ma oggi di paradisiaco ad Aden non si trova proprio nulla, anzi, gli apparecchi radio strepitano note che per la loro potenza perdono molto del mistero orientale, mentre miriadi di fanciulli vendono ai passanti dolci cibo o acqua, vantando con voce rauca la bontà delle merci offerte, emulati dagli adulti che in tutte le lingue invitano ad entrare in questo a quel “magazzino” per acquistare alle più favorevoli condizioni qualsiasi oggetto. Qualche negozio ha anche le insegne in italiano, ed italiani sono anche i libri più venduti. Non immaginatevi librerie, ad Aden. Discoteche sì, e fornitissime, ma non librerie. Se volete un volume dovete cercarlo nei bazars, fra carabattole giapponesi o inglesi e macchine fotografiche o gioielli di grande valore, oppure dovete informarvi dov’è reperibile al momento la biblioteca circolante comunale che, allogata su un carrozzone trainato da un trattore, mette a disposizione di tutti verso deposito cauzionale di 10 scellini (900 lire) libri di ogni genere in inglese e arabo. Oggi c’è una vera e propria invasione di romanzi italiani tradotti ed in edizioni popolari. “La Fiorentina” e “La Romana” di Moravia sono i best seller’s.

Ogni giorno e ad ogni ora sembra che tutti i centoquarantamila abitanti di Aden siano contemporaneamente per la strada. Oltre alla popolazione araba nativa, che costituisce la grande maggioranza degli abitanti della Colonia può vantare oggi una raffineria di petrolio che produce annualmente circa tre milioni di tonnellate di carburante ed un porto del petrolio che può ricevere contemporaneamente quattro navi cisterna da 32 mila tonnellate. In 21 mesi, un migliaio di italiani ha trasformato un’ampia distesa di arida sabbia in un modernissimo impianto industriale che ha visto successivamente sorgere attorno a se una attivissima comunità di circa 9 mila anime, collegata al centro commerciale da una strada lunga 20 miglia, che attraversa il deserto.

Italiane sono anche le celebrate saline di Aden, create in seguito ad una concessione per 99 anni, da una famiglia trapanese che le gestisce ormai da 76 anni con una produzione di circa 150 mila tonnellate annue.

Dovuti a connazionali pure il principale albero, il Crescent, ed il miglior circolo non solo della colonia, ma dell’intero protettorato. Soltanto al Circolo italiano, a sera, in riva all’Oceano Indiano, quando arriva la brezza dell’ultimo monsone, si può trovare un po’ di refrigerio in questo “infermo riscaldato”. È una definizione corrente degli adenesi, questa, che sembra fatta a pennello per sintetizzare in due parole una realtà…scottante. La realtà di Aden, punto nevralgico all’estremità della penisola arabica, piccola macchia scura sulle carte geografiche, che sta ad indicare una località che dall’epoca romana ai nostri giorni è stata sempre un ponte nel commercio fra l’Oriente e l’Europa.

Italo Orto [articolo integrale]

 

 

Articoli pubblicati di recente:

~ Aden
~ Il Canale di Suez 5 anni dopo
~ Port Said