“Sul Mare” è la rubrica di Adriatic Sea Network dedicata agli appassionati dei viaggi e del mare. Racconti di viaggio, recuperati dalle veline originali dattiloscritte da Italo Orto, pioniere del giornalismo italiano, che presenziò, raccolse e trasformò in notizia i principali avvenimenti delle grandi navi della flotta del Lloyd Triestino.

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Prima di consentirci lo sbarco ad Aden, il comandante della motonave "Africa" aveva fatto diffondere, con gli altoparlanti di bordo, la raccomandazione a non allontanarsi dalle immediate adiacenze della zona portuale e ad evitare con ogni cura le vie secondarie. Una esortazione che abbiamo riscontrato esser quanto mai opportuna. Ormai da quasi un anno i 250 mila abitanti della colonia, che è inglese dal 1839, vivono in stato di emergenza. Si circola con una certa sicurezza soltanto vicino al porto, a Steamer Point.

Nel vecchio centro arabo, al Crater, gli europei praticamente sono scomparsi. Anche le famiglie dei militari sono state evacuate, dopo l’uccisione dello speaker del Parlamento adenita, Sir Charles, perito in un attentato. Oggi praticamente soltanto due banche hanno al Crater qualche impiegato europeo. Chi non è arabo - e anche molti arabi - si sente relativamente sicuro soltanto a Steamer Point e a Mahalla, dove i militari britannici, in pieno assetto di guerra, con mitra imbracciato e senza sicura, pattugliano le strade. E una misura precauzionale che si è resa necessaria nella speranza di prevenire atti di terrorismo. A sera, altre pattuglie costituiscono posti di blocco attraverso i quali filtrano, con una certa facilità, gli automezzi europei, mentre quelli degli arabi sono minuziosamente perquisiti. È evidente che gli inglesi si giovano di informatori, poiché sono frequenti operazioni lampo che colgono nel segno.

È recente il fermo di una macchina a bordo della quale sono state scoperte armi ben celate e si è proceduto all’arresto di due leaders del terrorismo. Venivano da oltre confine, da Thaiz, dove ha sede il fronte di liberazione nazionale adenita, che nel Protettorato vero e proprio ha soltanto delle sezioni volanti di cui nessuno conosce l’esatta ubicazione. Che cosa succede esattamente ad Aden, la peni soletta vulcanica all’estremità meridionale dell’Arabia, a 185 km dallo stretto di Ba bel Mandeb?Dopo il taglio dell’istmo di Suez, Aden è diventata una stazione di rifornimento che è considerata indispensabile sulla via delle Indie. Negli ultimi anni è stata scalata regolarmente da circa 7 mila navi. Ogni anno unità per circa 30 milioni di tonnellate di stazza vi fanno rifornimento di combustibile ed acqua. Spesso trovano anche rifugio dai monsoni dietro la piccola striscia di terra brulla, bruciata, sovrastata da nude rocce nere, laviche, che sembrano uscire da una descrizione dell’inferno dantesco. Invece l’inferno di Aden è oggi tutt’altra cosa, reale.

L’accordo di massima, raggiunto a Londra nel luglio del 1964, tra i rappresentanti della Federazione dell’Arabia meridionale, di Aden e del governo britannico, prevedeva fra l’altro l’indipendenza entro il 1968, la rinuncia della Gran Bretagna alla sua attuale sovranità, la costituzione di un potere legislativo composto da una assemblea nazionale e da un consiglio degli Stati, la trasformazione dell’attuale federazione in repubblica, il riconoscimento degli interessi britannici per la base militare di Aden e la convocazione di una successiva conferenza a Londra. In questa sede sarebbe stata fissata la data dell’indipendenza, si sarebbe stabilito un regime politico unitario per tutta l’Arabia meridionale e sarebbe stato stipulato un patto difensivo fra Gran Bretagna e Federazione in modo da consentire alla prima di mantenere la base militare di Aden sia a protezione del nuovo Stato che ai fini degli impegni inglesi in campo internazionale.

A questo proposito è infatti opportuno rilevare che il governo di Sua Maestà si ritiene responsabile della tutela degli interessi non solo britannici ma anche di tutti i paesi occidentali nel Golfo Persico. Le probabilità di attuare la conferenza apparvero subito molto incerte a causa delle divergenze di interessi fra le parti. I contrasti, poi, fra gli stessi partiti politici locali, la propaganda straniera e le minacce di violenza fatte dal Fronte di Liberazione a coloro che avessero preso parte alla conferenza stessa, originarono tali incertezze che la riunione, tenutasi finalmente nel luglio del ’65, si concluse con nulla di fatto.

Nel frattempo era stato nominato Primo Ministro di Aden Abdul Qawi Makkawi, che non fece sin dall’inizio nessun mistero delle sue tendenze antibritanniche cominciando ad insistere perché il Governo inglese ottemperasse alla deliberazione delle Nazioni Unite, che nel dicembre del ’63 aveva invitato per l’appunto la Gran Bretagna a ritirarsi da Aden. Dal giugno all’agosto ’65 si passa da uno sciopero all’altro, nei quali è difficile non scorgere interferenze di carattere politico. Si susseguono così lo sciopero dei distributori di benzina, quello gravissimo dei portuali, durato 40 giorni, e infine quello dei bancari che minaccia di lasciare Aden, emporio mercantile, senza liquido circolante.

Contemporaneamente, l’attività terroristica del "Fronte Nazionale di Liberazione dell’Arabia Meridionale Occupata", che opera dallo Yemen sotto la protezione, e magari con il consiglio degli egiziani, viene assumendo proporzioni sempre più tragiche e causando numerose vittime tra la popolazione civile. Il 21 settembre dello scorso anno il governo inglese decide di abolire la costruzione di Aden e scioglie il governo locale, affidando i pieni poteri all’Alto Commissario Sir Richard Turnbull. Fra le misure severissime di emergenza e di sicurezza da lui adottate: il pattugliamento delle strade e l’istituzione dei blocchi di cui abbiamo fatto cenno all’inizio di questa corrispondenza. Cionondimeno la situazione è tutt’altro che tranquilla. Secondo cifre incomplete, ma comunque attendibili piuttosto per difetto ch per eccesso, hanno già perso la vita almeno 60 inglesi e 150 adeniti. Fra le vittime, oltre a Sir Charles, un sovraintendente di polizia, due direttori di banca e numerosi bambini.

Uno degli aspetti più drammatici del terrorismo ad Aden è costituito proprio dal lancio di bombe contro bimbi ignari ed inermi. Un ordigno è stato fatto esplodere ad un party per bambini ed un altro all’aeroporto dove stavano per partire su un aereo numerosi piccoli di militari della base. Questo modo di agire dei terroristi tende da un lato ad intimorire inglesi, arabi ed indiani , mentre suscita dall’altro, da parte delle autorità britanniche, quelle reazioni che sono considerate da qualcuno troppo dure. Secondo quanto abbiamo potuto apprendere, la caccia ai cosiddetti "mercenari", si svolge ora senza esclusione di colpi, anche se con scarso successo. I terroristi sono reclutati tra gente raccogliticcia, disposta a commettere crimini a prezzi relativamente bassi: 5 sterline per lanciare una granata a mano, 15 o 20 sterline per un colpo di fucile o di pistola messo a segno.

È convinzione generale che i terroristi, o per lo meno i materiali esecutori del terrorismo, siano privi di aspirazioni politiche o di sentimenti patriottici. È tutta una organizzazione, capeggiata dal Fronte di Liberazione Nazionale, che riesce a convincere questa gente o con le buone o con le cattive - ma spesso con il miraggio del compenso - a compiere quegli atti di terrorismo cui si deve ascrivere l’atmosfera insostenibile che oggi regna nella colonia e, sia pure in tono minore, in tutto il Protettorato. Nello scorso febbraio la Gran Bretagna si è impegnata a concedere l’indipendenza alla Federazione e ad Aden entro il 1968. Per quella data verrebbe rimossa anche la base militare. L’annuncio non ha però suscitato l’effetto voluto, ossia il ritorno alla normalità. Le esplosioni, il crepitare delle armi automatiche, i morti ed i feriti continuano a punteggiare di rosso la storia di questo centro nevralgico. È chiaro che Aden, senza la base militare, si troverà da un punto di vista economico in una situazione di cui difficilmente potrà uscire, priva com’è di risorse naturali. Dovrà ricorrere ad aiuti stranieri. Dal punto di vista politico sarà invece accentuato il pericolo di un fagocita mento da parte dello Yemen o, quanto meno, l’assorbimento completo della città da parte degli staterelli della Federazione Araba, con conseguente perdita dell’autonomia.

Oggi Aden vive quasi esclusivamente dell’attività portuale, in particolare il bunkeraggio, reso possibile da una grossa raffineria, capace di produrre sei milioni di tonnellate all’anno, e che gli italiani hanno contribuito a creare. Subito dopo vengono l’apporto valutario dato dalla Gran Bretagna per il mantenimento della base militare, il commercio e gli acquisti dei turisti in transito. Le reazioni degli operatori economici agli ultimi avvenimenti vanno da un graduale ridimensionamento degli approvvigionamenti all’estero alla pratica scomparsa di ogni ulteriore investimento.

È facile comprendere come tutta l’organizzazione economica e mercantile di Aden può crollare da un momento all’altro. Come se ciò non bastasse, la sicurezza stessa degli stranieri - e in mode particolare degli indiani che, con gli ebrei, detengono la quasi totalità delle attività commerciali - appare ora minacciata dalle rigorosissime leggi sull’immigrazione degli stranieri che i dirigenti arabi, im omaggio al principio dell’"Arabia agli arabi", vorebbero applicare. Abbiamo avuto modo di conversare a lungo in vari ambienti. Ci ha colpito in particolare la constatazione fatta in uno degli empori che operava all’insegna del "tutto in qualsiasi momento".

Più della metà degli scaffali sono oggi vuoti. "Cerco di restringere gli stocks al minimo indispensabile" ci ha detto il titolare. Ed era sottinteso che era pronto a sbarazzarsi anche di quello nel minor tempo possibile e a cercare lidi più sicuri. Per lui, come per molti altri, l’abbandono di Aden da parte della Gran Bretagna, può voler significare l’impossibilità di continuare a risiedere ed operare. E Guido Maffioli, rappresentante del nostro Istituto per il Commercio Estero, mi raccontava che l’esempio della vicina Somalia, ex italiana, è ad Aden sempre presente ed ha insegnato qualcosa anche ai più umili. Un poveraccio al quale aveva chiesto era venuto via da Mogadiscio, gli aveva dato questa risposta: "Adesso che italiani andati, che c’è più?". Piuttosto significativo, non sembra?

 

Italo Orto [articolo integrale]