“Sul Mare” è la rubrica di Adriatic Sea Network dedicata agli appassionati dei viaggi e del mare. Racconti di viaggio, recuperati dalle veline originali dattiloscritte da Italo Orto, pioniere del giornalismo italiano, che presenziò, raccolse e trasformò in notizia i principali avvenimenti delle grandi navi della flotta del Lloyd Triestino.

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È opinione diffusa che una crociera non è cheuna grossa perdita di tempo con limitata possibilità di visitare i Paesi dove la nave fa scalo. La realtà è un’altra. Me ne sono reso conto raggiungendo DURBAN da TRIESTE con un normale viaggio di linea a bordo della motonave AFRICA//Lasciati i porti italiani, il primo scalo è PORT SAID. Previa prenotazione all’ufficio del commissario si può scendere per raggiungere con comode automobili dopo tre ore di corsa prima lungo il Canale e poi, dopo ISMAILIA, lungo uno dei bracci del NILO, la capitale egiziana// Ci si arriva di sera, comunemente//


24 ORE IN EGITTO
I locali caratteristici danno sensazioni nuove, e nuove saranno anche quelle che si proveranno all’indomani, davanti alle piramidi, al Muski, il caratteristico mercato arabo, al Museo, alla Cittadella, alla moschea di MOHAMMED ALÌ // Dal Cairo si raggiungerà poi, nel pomeriggio e sempre in macchina, SUEZ, dopo aver appreso dall’organizzatore del “giro”, il signor AIELLO, che “Allah ma El Saberin” ovvero che “Iddio è con i pazienti”// Sono l’immagine della pazienza i cammelli e i nomadi beduini che danno una nota di colore al deserto// Ai bordi della strada, piccoli arbusti di shih da cui i cammelli traggono sostentamento e i beduini un tè medicinale// Lungo la strada corre l’oleodotto SUEZ-CAIRO costruito dagli italiani due anni fa//Si riprende la nave all’uscita del Canale e attraversato il Mar Rosso si arriva all’estremità meridionale dell’ARABIA, dove una penisoletta vulcanica ripara l’ampia baia di ADEN, l’antica ADANA DI PLINIO// Roccaforte inglese dal 1839 ADEN è aumentata enormemente di importanza dopo il taglio dell’istmo di SUEZ, tanto che nel 1957 il suo porto è stato scalato da navi per oltre 25 milioni di tonnellate//


VERSO L’AFRICA NERA
Si doppia CAPO GUARDAFU, dove per sei anni il fanalista GIOVANNI SELVAGGI è rimasto solo avendo per unico collegamento un apparecchio radiotrasmittente// Una corsa nell’Oceano Indiano lungo la costa somala, bassa e sabbiosa, ed ecco MOGADISCIO, una città linda, di linea italiana, per raggiungere la quale è necessario sottoporsi ad una esperienza nuova: si viene calati sulla chiatta che raggiungerà il molo con un cestone sollevato da un vericello//Fra MOGADISCIO e MOMBASA c’è, invisibile, l’Equatore// Diventa tangibile per chi lo attraversa per la prima volta// Un bel bagno non proprio volontario e qualche piccola penale imposta da Nettuno aprono la via al salvacondotto immunizzante// L’altro emisfero è ormai vostro e potete dire di essere già nell’AFRICA nera// Qui si crede ancora agli spiriti ed i fattucchieri hanno buon gioco// Per i primitivi la morte, come la malattia, non è che la conseguenza di un maleficio// La magia è probabilmente in aumento anziché in diminuzione, fra le 220 tribù che popolano l’AFRICA BANTÙ//


GHEDI: LA FAVOLOSA CITTÀ SEPOLTA
A MOMBASA appena scesi dalla motonave AFRICA abbiamo incontrato uno stregone// Cavalcava una bicicletta anziché una scopa come le streghe delle nostre fiabe// Per poco la nostra macchina non lo ha investito// L’autista, un indiano, uno dei 160 mila asiatici del KENIA, è diventato livido// Aveva riconosciuto, e ce lo disse, nella vittima potenziale un “boloki”, uno stregone di quelli che vengono pagati per fare i malefici// L’avevamo scampata bella// E dire che a noi sembrava un nero come tanti altri// Indossava una camicia che era stata bianca e un paio di calzoni che arrivavano al polpaccio// Il nostro indiano lo aveva riconosciuto soltanto per una fine catenina di perle blu e bianche che portava nei capelli// L’origine della stregoneria va ricercata nel fatto che essa dà all’africano primitivo un senso di potenza contro le forze elementari della natura che l’uomo non può vincere da solo// Questa la conclusione cui siamo giunti//Anziché partecipare al "safari" al "Tsavo Park" avevamo scelto come meta della nostra escursione GHEDI, città sepolta a 70 miglia a nord di MOMBASA// La città risulta costruita da CERASIS, un re persiano, presso il mare// Era il quartier generale dove venivano fatti affluire gli schiavi che erano poi trasportati in ARABIA// Quando vi siamo giunti, un verde carico che col calar delle tenebre diventava più profondo, cominciava ad avvolgere le rovine: i resti dei palazzi, le tombe, i minareti, le piscine// La fine della città è sconosciuta// Forse è dovuta ad una epidemia// Una cosa sola è certa: che dal calar della sera i nativi non si avvicinano a nessun costo a questa località// Il nostro autista ci ha dichiarato che pur non essendo superstizioso preferisce essere a sera con la sua famiglia piuttosto che a GHEDI// Da qui a MALINDI corrono soltanto 15 miglia// Vi siamo andati per ascoltare un “MIGABO”, canto propiziatorio della tribù NYAMWEZY// Forse è lo stesso che accolse nel 1498 VASCO DE GAMA// Tamburi e voci si confondevano lungo la spiaggia con i grilli ed il palpitare nella notte africana// Le onde dell’ultimo monsone giungevano affievolite lungo la costa sabbiosa// La natura grazie agli spiriti benigni ci offriva, ci è stato detto, ciò che aveva di meglio//

LA PORTA DELLA PACE
DAR ES SALAAM: porta della pace// Autentico paradiso sulla costa del TANGANIKA// All’imboccatura del porto c’è ancora la carcassa semisommersa di una nave tedesca affondata nel ‘15// In città poliziotti che non si fanno fotografare senza il permesso del comando e che calzano ancora elmetti di foggia tedesca// Molte macchine per i pochi bianchi e moltissime biciclette per i tanti neri//BEIRA è invece un’altra cosa// Ha ad esempio l’albergo più moderno dell’AFRICA ed un piano regolatore// Qui a differenza degli altri paesi della costa orientale, un africano che voglia diventare civile deve soltanto dimostrare in modo soddisfacente ad un tribunale di saper leggere e scrivere in portoghese, di appartenere alla religione cristiana, di essere deciso di rinunciare alla poligamia e di voler rivivere alla maniera europea// Assume così i diritti e doveri dei bianchi// A BEIRA portoghesi ed indigeni chiamano le navi italiane “spaghetti ship”, navi degli spaghetti// E fanno a gara nel chiedere a bordo pane italiano//

PANE ITALIANO PER L’AFRICA PORTOGHESE
La nave rimane all’ancora// Ci sono maree di sei metri// L’attracco è pericoloso// Le persone che però riescono a trovare un motivo per salire a bordo fanno a gara per chiedere del pane// Il personale già lo sa, e prepara dei sacchetti per le autorità di dogana, la polizia, i maggiorenti//Per scendere a terra pochissime le formalità// La città è pulita, ordinata, non esiste il proibizionismo degli altri paesi africani eppure non vi sono ubriachi, eccezion fatta per qualche anglosassone di passaggio, dicono i portoghesi//Città, BEIRA, in fase di evoluzione, abbiamo detto// Ha un piano di potenziamento studiato con una lottizzazione di terreni già in atto e con prevendita di parecchi chilometri quadrati// Le strade nella nuova area sono già state asfaltate// Gli ottomila bianchi fanno a BEIRA la vera vita della colonia// I neri sono emancipati e in molti casi frequentano la società bianca// Possono ad esempio andare al cinema con i bianchi, cosa inimmaginabile ad esempio in Sud Africa//

A DURBAN UN OCCHIO DI MORO COSTA OTTO STERLINE
A DURBAN, la terza città per importanza dell’Unione Sud Africana, abbiamo usato un mezzo di locomozione inconsueto: il riksciò, un tassì che va avanti a forza di gambe// A farci da guida è stato un connazionale, CARLO CRESPI// A trainare questo veicolo, molto ben bilanciato, sono gli zulù// Pittoreschi nel loro costume: penne alle caviglie e in testa, attorno alla vita legata una lettera d’amore fatta di perline infilate su una cordicella, i rickshaw-boys percorrono le vie di DURBAN con tale levità da far pensare proprio alla “gente del cielo”, traduzione letterale della parola "zulù"//Bantù, bianchi e indiani, contribuiscono a fare di DURBAN una città eccezionale il cui centro nulla ha da invidiare a metropoli europee e i cui sobborghi possono essere considerati in parte INDIA e in parte AFRICA primitiva// A nord della città abbiamo visitato un "kraal", un recinto, come dice il nome, nel quale gli zulù abitano vicino al loro bestiame in capanne rotonde coperte di stoppia// Un gruppo di giovani era intento a danzare mentre gli altri scandivano il ritmo con il battere delle mani// Ci è stato spiegato che la danza può esprimere sia gioia che tristezza: è un ingrediente insostituibile della vita di ogni giorno// Dalle soglie della loro capanna i più anziani fra gli abitanti del Kraal intenti particolarmente a tritare granaglie per farne farina o a preparare birra caffra, birra di sorgo, guardavano i ballerini con compiacimento// Gli zulù grandi guerrieri e razziatori di bestiame in altri tempi, sono oggi ridotti a circa 400 mila// Popolo sensibile ed emotivo, può essere considerato uno fra i più docili ed addomesticati dell’Unione Sud Africana//

BURANO, ZECCA DEGLI ZULÙ
Al linguaggio dei fiori gli zulù hanno sostituito quello delle perline veneziane che i mercanti usavano un tempo come merce di scambio// BURANO era una vera zecca// Oggi le perline assolvono un altro compito: quello di fare da segretario galante al giovane bantù innamorato// Vengono acquistate come da noi si acquistano carta e francobollo e dal loro colore uno può trarre notizie liete o tristi// Ad esempio quando una ragazza manda ad un giovanotto una collana di perline in cui il rosso è il colore predominante, vuol fargli sapere che il suo amore è vivo quanto il sangue purificato dal cuore// Se il colore predominante è il bianco, l’amore è sicuro, fedele, e timori e gelosie non hanno ragione di sussistere//Coloro che lavorano nelle miniere o in città, restano lontano dal kraal normalmente per sei mesi// Quando l’assenza si prolunga ecco partire le perline// Se l’uomo era soltanto fidanzato riceve delle perline gialle, sinonimo di gelosia// Se è maritato le perline sono nere e significano: “torna a casa, a scanso del peggio”// Al color nocciola è affidato un altro messaggio: il licenziamento in tronco del pretendente// La ragazza o il giovanotto hanno appreso la nullatenenza dell’aspirante coniuge e lo invitano a cambiar aria//Esigenze di spazio ci impongono di interrompere questi nostri appunti// Abbiamo cercato di riportare graficamente alcune sensazioni, alcune cognizioni apprese durante un viaggio che consente veramente di aprire una finestra su un angolo di mondo ancora tanto poco conosciuto quanto interessante//

Italo Orto [articolo integrale]