Porto Vecchio Magazzino 26, Trieste

DA PORTO DELLE MERCI A PORTO DELLA SCIENZA

La Trieste dell’Ottocento si affida a un francese, Paulin Talabot, per costruire il porto di cui ha bisogno. Su un’area di sessanta ettari, con oltre un milione di metri cubi di hangar di grande pregio, sorge quello che oggi è uno degli ambiti di archeologia industriale marittima più rilevanti del Mediterraneo. Finalmente accessibile, è la sede di restaurati edifici (il Magazzino 26, la  Centrale Idrodinamica, la Sottostazione elettrica) e di altri innumerevoli che portano ancora il segno del tempo in attesa di un rilancio su cui la città si sta impegnando. Tra questi è già visitabile il Magazzino 18, reso famoso dalla riscoperta culturale del valore dell’Esodo dall’Istria, da Fiume e dalla Dalmazia alla fine del secondo conflitto mondiale, che conserva ancora i pochi beni che gli italiani di quelle zone portarono con loro. Nell’area di Porto Vecchio domina la sagoma dell’Ursus, il pontone con gru rotante costruito nel 1913 presso lo Stabilimento Tecnico Triestino.

Centrale Idrodinamica Porto Vecchio, Trieste

Nell’attesa del recupero dell’intera area del Porto Vecchio, il primo tassello è stato messo con l’insediamento della FIT - Fondazione Internazionale Trieste per il Progresso e le Libertà delle Scienze nella Sottostazione elettrica, quartier generale di ESOF2020, l’Euroscience Open Forum dedicato a Trieste Capitale europea della scienza.