Porto Vecchio Magazzino 26, Trieste

ARCHEOLOGIA INDUSTRIALE DA VALORIZZARE

Per garantire lo sviluppo della Trieste ottocentesca lungo le rotte del mare, viene affidato il progetto del nuovo scalo e dei grandi magazzini (che servono a trattenere e a lavorare le merci in regime di porto franco) a un francese, Paulin Talabot che - su un’area di sessanta ettari, con oltre un milione di metri cubi di hangar di grande pregio - fa sorgere quello che oggi è uno degli ambiti di archeologia industriale marittima più rilevanti del Mediterraneo.

Finalmente accessibile, oggi è la sede di restaurati edifici (il Magazzino 26, la Centrale Idrodinamica, la Sottostazione elettrica) e di altri innumerevoli che portano ancora il segno del tempo, in attesa di un rilancio che la città sta progettando. Tra questi è visitabile il Magazzino 18, reso famoso dalla riscoperta culturale del valore storico e culturale dell’Esodo dall’Istria, da Fiume e dalla Dalmazia alla fine del secondo conflitto mondiale, che conserva ancora i pochi beni che gli italiani di quelle zone portarono con loro.

Nell’area di Porto Vecchio domina la sagoma dell’Ursus, il pontone con gru rotante, reperto di archeologia industriale. 
Nel mese di aprile 1913, presso lo Stabilimento Tecnico Triestino, viene costruita una gru rotante che verrà varata il 28 gennaio 1914. Il pontone, iniziato dall’Austria, viene utilizzato durante il primo conflitto mondiale come deposito di materiali per sommergibili. Utilizzato dopo il 1918 come pontone, appena nel 1925 si pensa di adibirlo alla sua funzione naturale, completandolo con i motori e l’attuale gigantesca gru. E’ infatti necessaria un’enorme potenza di sollevamento per rendere possibile l’allestimento del grande transatlantico “Conte di Savoia”. Sin dal 1926 l’Azienda dei Magazzini generali considera la necessità di dotare il porto di Trieste di un mezzo meccanico di sollevamento mobile e galleggiante di grande portata, ad integrazione dei due pontoni-gru galleggianti e della gru a martello dell’ex Arsenale, dimostratisi insufficienti a soddisfare le esigenze del traffico dei colli pesanti.
Lo scafo dell’Ursus giaceva inutilizzato all’interno dell’Arsenale e nell’agosto 1930 i Magazzini generali danno l’incarico di progettazione e realizzazione del nuovo Ursus. Il pontone viene rimorchiato a Monfalcone mentre l’Officina Ponti a Gru costruisce la gru il cui grande braccio viene montato il 10 ottobre. Il contratto viene assegnato ai Cantieri Riuniti dell’Adriatico CRDA che completano il pontone nel dicembre del 1931. L’unità ottenuta rappresenta il pontone a gru girevole più potente del Mediterraneo e uno dei maggiori al mondo costruito con tecnologia e materiali completamente italiani.

Oggi la sagoma dell’Ursus domina con l’imponenza dei suoi 75 metri di altezza e più di 1.100 metri quadrati di superficie. 2.008 tonnellate completamente in acciaio, riposano all’ingresso del Porto Vecchio di Trieste: misura 53,67 metri di lunghezza e 23,93 metri di larghezza; il doppio fondo si estende da prora a poppa e il pescaggio è ridotto a 2,20 metri. Due paratie longitudinali e quattro trasversali dividono lo scafo in numerosi compartimenti, dieci dei quali venivano adibiti a depositi, a locale macchine e ad alloggi. Sulla gru da 150 tonnellate, c’è un casotto in legno destinato al pilotaggio in cui sono situati i comandi diretti dei motori di propulsione e la ruota per il comando dei timoni.

L’Ursus è oggetto di una riconversione a fini turistici ed espositivi, ma già nel recente passato è stato teatro di manifestazioni e di alcune mostre d'arte.

Pontone URSUS, Trieste