Nasce ASN OBSERVATORY: AdriaticSeaNetwork.it apre uno spazio di dialogo e di confronto con i giornalisti che seguono per alcune testate l’economia del mare, lo shipping, la cantieristica e la logistica. L’obiettivo è raccogliere punti di vista e riflessioni di chi, ogni giorno, per lavoro e per passione, racconta la blue economy.

 La rubrica è curata da Nicola Comelli. Giornalista, goriziano, da sempre appassionato di mare, ha scritto, tra gli altri, per Il Sole 24 Ore (dorso Nordest) e Il Piccolo, occupandosi di economia e intermodalità. Oggi vive a Milano e lavora come consulente in comunicazione d’impresa.

“Bene in termini di marketing, ma il percorso di integrazione e sviluppo del business è ancora lungo”. Nicola Capuzzo, sintetizza così il bilancio dei primi cinque anni della Northern Adriatic Port Association. Genovese, una laurea in Economia Marittima e dei Trasporti conseguita presso l’università del capoluogo ligure, Capuzzo segue il mondo dello shipping e della logistica per diverse testate tra cui MF – Milano Finanza, Ship2Shore e TrasportoEuropa.

Cinque anni fa veniva formalizzata la nascita della Napa, una vera svolta per l’intero quadrante settentrionale dell’Adriatico. Oggi come giudica quell’iniziativa?

Siamo di fronte a un bilancio in chiaro-scuro. Sotto il profilo dell’associativismo e della promozione del sistema portuale del Nord Adriatico, ritengo che i risultati siano assolutamente soddisfacenti. In termini di sviluppo dei traffici e di integrazione del business, questi cinque anni hanno evidenziato quanto sia complesso un processo di questo genere”.

Sotto quest’ultimo aspetto, quanto conta la dimensione strettamente portuale e quanto, invece, quella cosiddetta retroportuale, ossia l’insieme di infrastrutture che permettono la proiezione delle merci?

La dimensione in sé non è un problema. Spesso siamo portati a pensare che un porto di piccole o medie dimensioni possa non essere competitivo. In realtà, ciò che conta è la qualità del coordinamento dei diversi servizi connessi all’attività portuale”.

Non c’è nessun problema di frammentazione degli scali in Italia, dunque?

Ormai i grandi gruppi dello shipping ragionano per regioni portuali. Faccio l’esempio della Liguria. Tra Genova, Savona o La Spezia non c’è praticamente differenza. Siamo noi Italiani che siamo portati a ragionare attraverso questo metro. Una multinazionale della logistica non coglie questo genere di questioni. E’ per questo che bisogna ragionare in termini di macro-sistemi portuali”.

Però una serie di nodi in termini di razionalizzazioni del sistema esistono.

Sì, certamente. E’ il caso delle Autorità portuali. Un percorso di coordinamento è opportuno, ma sarebbe un errore se un confronto di questo tipo portasse a compromessi al ribasso. A noi serve una concorrenza sana”.

Tornando all’Alto Adriatico, a suo avviso, in questi cinque anni si è ridotta la distanza con i grandi sistemi portuali del Nord Europa? Recentemente, la Governatrice del Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani ha posto l’accento sull’urgenza di implementare la collaborazione tra i diversi scali.

In questi 5 anni direi che forse non è cresciuto ulteriormente il divario che separa gli scali del Nord e del Sud Europa. Questo è già un buon punto di partenza. Se per i traffici di carichi rotabili Trieste si sta ritagliando un ruolo di primissimo piano a livello europeo, sul fronte dei container c'è ancora molto da lavorare ma mi sembra di poter dire che le grandi compagnie di navigazione vogliono scommettere sull'Alto Adriatico come valida alternativa al Nord Europa. Per quanto riguarda la possibilità di sinergie fra Koper e Trieste mi sembra però francamente difficile mettere a sistema due realtà portuali che hanno regole e governance differenti”.

Parlando di Alto Adriatico, non si può non parlare di Venezia, e del transito delle navi da crociera. Dopo tutto quello che è stato detto in questi ultimi due anni, quale è il suo punto di vista?

Le crociere generano un grande, grandissimo indotto. Questo settore è una risorsa fondamentale a livello di sistema-paese. Le compagnie giustamente chiedono che vengano fatte delle scelte, che si prendano delle decisioni e che poi queste vengano mantenute. Bisogna dare certezze normative agli operatori, affinché possano programmare con anticipo le rispettive le strategie operative e commerciali. L’ipotesi del canaleContorta Sant’Angelo sembra essere, a detta di queste stesse compagnie, l’alternativa preferibile”.

Mutatis mutandis, la politica è chiamata a una serie di scelte anche sul tema dei rigassificatori.

Non sono un esperto di questioni energetiche, ma è evidente che il Paese debba diversificare i suoi approvvigionamenti energetici. Devo dire che mi è parso che una parte del confronto sui rigassificatori sia stato condizionato da prese di posizione ideologiche e dalla nota sindrome NIMBY (not in my backyard, ndr). Al momento, gli impianti di Livorno e Rovigo confermano che le soluzioni tecnologiche adottate sono valide. Occorre anche in questo caso un coordinamento di sistema che eviti sovrapposizioni e sprechi di risorse”.

A cura di Nicola Comelli