Il 2° Meeting internazionale, svoltosi recentemente ad Amburgo presso l’Amerika Center dell’HafenCity, per discutere nuovamente del porto storico triestino ha nuovamente suscitato interessi della città anseatica per la nostra città porto e dell’Istituto italiano di cultura di Amburgo.
Ancora una volta il Comitato scientifico internazionale per la rivitalizzazione del Porto vecchio, che si è costituito nell’ottobre 2010 a Trieste in occasione del primo meeting internazionale, promosso da Italia Nostra, ha portato contributi e stimoli, confrontandosi direttamente con il progetto di Portocittà, per superare quell’immobilismo che ha caratterizzato per molti anni la nostra città.

"A Trieste si sta creando una nuova parte del centro cittadino. Per questo servono infrastrutture, spazi pubblici e mezzi di trasporto per collegare adeguatamente il porto vecchio al resto della città". Nel corso del suo intervento sul tema dei waterfront, Lorens ha anche avanzato alcuni suggerimenti per il progetto che Porto Città andrà a sviluppare. "Serve una strategia complessiva di sviluppo" ha precisato "per evitare problemi futuri e per non trovarsi con edifici slegati l’uno dall'altro. Sul piano del management bisogna poi prendere esempio dalla struttura messa in piedi per l’HafenCity ed ancora si deve evitare di commettere gli errori fatti a Londra con il riutilizzo dei docklands, in particolare a Canary wharf dove con vari progetti non si è stati capaci di dar vita a una città". Il portoghese Pedro Ressano Garcìa ha portato invece un suo recente intervento a Belgrado evidenziando le relazioni tra le parti della città, intrecciando i profili della viabilità, del verde, della residenzialità e del rapporto con l’acqua.

Sui collegamenti tra il porto vecchio e la struttura urbana della città ha insistito anche Massimo Bertollini della Sapienza di Roma, sostenendo che "un sistema di trasporto pubblico deve essere la principale infrastruttura del porto vecchio". Bertollini ha poi sottolineato che per il successo del progetto è necessario un mix di funzioni (abitazioni, attività di ricerca, musei, sport e spazi pubblici) accompagnato da un'efficiente mobilità e dalla creazione di nuovi parchi urbani. Per l'area di Barcola Bovedo l'esperto ha concordato sulla destinazione ad attività sportive e a circoli nautici, non senza dimenticare la necessità di piccoli cantieri per manutenzioni e riparazioni legate alla nautica da diporto; accanto a ciò è necessaria una residenzialità mista.

"Nel progetto per il porto vecchio bisogna tenere conto del contesto storico e urbanistico" ha precisarlo il prof. Dirk Schubert dell'Hafencity University di Amburgo, il quale ha sostenuto che il progetto dell'HafenCity può essere di aiuto nell'elaborazione di quello per il porto vecchio, ma si deve evitare di farne una copia, considerando appunto il diverso contesto dell'area triestina. Schubert ha anche ricordato che la Speicherstadt (città dei magazzini storici portuali amburghesi), da tempo aperta al pubblico, è una parte importante del porto di Amburgo e che adesso svolge un ruolo di collegamento e di cerniera tra il centro urbano e le nuove aree dell'HafenCity.

Proprio sul bisogno di stabilire un dialogo tra il vecchio e il nuovo, “quando si realizzano nuovi edifici” ha insistito l'amministratore delegato della società HafenCity Jugren Bruns-Berentelg "i nuovi edifici devono tenere conto dell'architettura esistente, ma non basta. Va fatto un passo in più: bisogna superare la difficile convivenza tra vecchio e nuovo e aprire un dialogo". “Grazie all'HafenCity” ha proseguito” il porto storico, che si apre al pubblico e alla città, non è più una zona portuale a se stante. Ma non deve comunque perdere le proprie caratteristiche rimanendo riconoscibile senza adattarsi alle nuove costruzioni dell'HafenCity”.

Proprio sulla conservazione e sulla valorizzazione dell'identità della Speicherstadt si è soffermata Agnes Seemann della Soprintendenza amburghese che ha illustrato il progetto Unesco per unire La Speicherstadt, la Chilehaus e il distretto storico degli uffici nel centro della città anseatica.
Il dibattito attorno al progetto per il porto vecchio si è aperto dopo la presentazione fatta da Corrado De Francisco e Luca Fantin, rappresentanti di "Porto città Trieste e mitteleuropa", i quali si sono soffermati sulle caratteristiche generali del progetto e sul mix di funzioni previste nel comprensorio, precisando che la prima fase riguarderà il magazzino 26 e la marina prevista nel bacino zero. Quanto alle nuove edificazioni, De Francisco ha sottolineato che verrà bandita una gara internazionale di progettazione.
"Il progetto di porto città è risultato di un lungo lavoro e di un grande sforzo" ha sostenuto l'arch. Roberto Pirzio-Biroli "che ha bisogno anche di un consistente contributo dei manager; ma ancora prima è urgente intervenire per la messa in sicurezza dei magazzini anche senza una completa ristrutturazione, per evitare che il degrado superi il punto di non ritorno. Pirzio Biroli ha concluso ricordando il lavoro che sta svolgendo il Comitato scientifico internazionale creato in occasione del 1° meeting Trieste - Amburgo lo scorso ottobre, dicendosi certo che potrà dare un contributo nell'accelerare i tempi di riutilizzo del porto".

"È un lavoro scientifico iniziato dieci anni fa" ha sottolineato la presidente del comitato scientifico Antonella Caroli" che ora consegniamo ai concessionari delle aree e all' Autorità portuale. Ma questo lavoro non si interrompe, il comitato scientifico si riunirà ogni qualvolta servirà il suo supporto, anche allo scopo di abbreviare i tempi di progettazione".
Al meeting internazionale ha preso parte Luca Rinaldi, Soprintendente ai beni architettonici del Friuli-Venezia Giulia che ha ripercorso i progetti del porto vecchio degli ultimi vent'anni e, commentando i lavori del convegno, ha parlato di "spunti interessanti per fare un intervento unitario, soprattutto per l'uso degli spazi liberi e privi di vincoli, ma anche per l'impostazione urbanistica del progetto e per l'adozione di singole soluzioni. "Il nostro approccio” ha aggiunto "è diverso da quello dell'HafenCity, dove l'esistente fa da sfondo al nuovo. Nel progetto del porto vecchio, la parte esistente domina quella nuova, detta le regole e deve essere la base per il gesto della nuova architettura".
Il meeting di Amburgo ha vissuto anche un importante momento all'Istituto italiano di cultura di Amburgo dove il passato e il futuro del porto vecchio sono stati illustrati anche con la proiezione di alcuni filmati storici.
La direttrice dell'Istituto, Renata Sperandio, ha ricordato come la collaborazione con Trieste prosegua da diversi anni e stia proseguendo in questo periodo anche con l'iniziativa del dialogo amburghese al quale ha preso parte recentemente anche lo scrittore Boris Pahor.
Allo Speicherstadtmuseum prosegue la mostra di Masnikosa-Hampel sul Porto vecchio e la Speicherstadt (la città dei magazzini) di Amburgo che è ormai sulle maggiori testate tedesche.


La parola ad Antonella Caroli, presidente Comitato Scientifico


"Mentre ad Amburgo si svolgeva il 2° Meeting internazionale, a Trieste si organizzava la Biennale diffusa, voluta da Sgarbi per il magazzino 26. Una scelta giusta, nel momento giusto che ha permesso l’apertura del Porto vecchio e la celebrazione del restauro del maestoso magazzino che fa concorrenza allo Speicher XI di Brema.
I tedeschi ignoravano il nostro patrimonio, ma ora che lo sanno ci osservano, ci aiutano e ci stimolano continuamente attivandosi in collaborazioni utili che non ci fanno più sentire soli ma che ci lanciano una sfida epocale sul riuso del porto storico.
Il buio del Porto vecchio, oggi diventa una nuova luce per la città e questa volta senza dominio politico perché chi si è mosso l’ha fatto con sincerità, proprietà e competenza. Questa volta il gioco è scappato di mano a chi voleva l’immobilismo, a chi anche nel recente passato ha cercato di rallentare e scoraggiare obiettivi legittimi di una città che vuole riprendersi la storia e il porto.
L’arte diventa protagonista di una liberazione, portando a Trieste un evento dirompente e dissacratore di vecchie regole e dei costumi del "non fare". Striscioni, ballatoi pieni di gente, opere d’arte hanno riempito il silenzio del gigante che oggi si è risvegliato: il magazzino 26".