È iniziato questa mattina il convegno "Variazioni temporali e tendenze nelle caratteristiche meteorologiche e oceanografiche dell'Adriatico settentrionale: la situazione nel Golfo di Trieste" organizzato dall'Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale - OGS, in collaborazione con l'Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente (ARPA-FVG) e la Regione Friuli Venezia Giulia (Assessorato alle relazioni internazionali e comunitarie).

Il convegno è ospitato dalla Regione FVG (Sala Tessitori, Palazzo della Regione, Piazza Oberdan 5 a Trieste). Vi partecipano esperti di istituzioni scientifiche e agenzie per l’ambiente del Veneto, dell’Emilia Romagna e delle repubbliche di Slovenia e Croazia, oltre a studiosi dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale - OGS, dell’Università di Trieste, del CNR e dell’ARPA.
Oltre 70 gli studiosi confermati. Obiettivo dell’incontro sarà riassumere, e discutere assieme, ricerche e studi sull'Alto Adriatico condotti su scale temporali che variano da 10 a 170 anni. I dati raccolti dai diversi istituti, anche stranieri - tra cui figurano la Stazione di Biologia marina di Pirano, e il Centro per le ricerche marine "Rudjer Bošković" di Rovigno, Croazia - formano "serie storiche di rilievo". Uniche in Italia e significative anche come modello di comparazione per il resto del mondo.

In apertura di convegno ha portato i saluti della Regione FVG Piero Camber, consigliere regionale e presidente della VI Commissione, che ha elogiato il lavoro pluridecennale di raccolta dati, e ha esortato i ricercatori a farsi avanti, per lavorare in sinergia con le forze politiche e portare proposte concrete di gestione sostenibile delle risorse marine e dell’ambiente. Di seguito sono intervenuti Fabio Rizzi per l’Autorità portuale e Stefano Micheletti dell’Osmer (ARPA), il quale ha sottolineato l’importanza di mantenere una collaborazione costante fra gli enti presenti, in tempi come gli attuali, di stringenti difficoltà finanziarie per la ricerca. Infine Iginio Marson, presidente di OGS, ha esternato il plauso per le ricerche e i dati in possesso dei ricercatori, auspicando il proseguire dei monitoraggi e delle analisi, perché "… interrompere una serie temporale importante come quelle di cui sentiremo parlare oggi, significa sprecare anni di lavoro e di competenze".

Il plancton, cioè l'insieme degli organismi che vivono in sospensione nella colonna d’acqua incapaci di vincere con movimenti propri i moti del mare (correnti, onde) e che pertanto sono trasportati passivamente - è uno degli indicatori seguiti dagli studiosi di OGS sin dagli anni Settanta del secolo scorso. “Nel Golfo di Trieste - precisa Bruno Cataletto, biologo marino responsabile per OGS della rete LTER, network internazionale di studi marini e terrestri - si stanno studiando le fluttuazioni planctoniche da 40 anni. L’area di indagine è una delle 5 selezionate in Italia: si tratta di una stazione, chiamata C1, sita nei pressi della Riserva Naturale Marina di Miramare".

Lo studio del plancton attraverso le sue fluttuazioni, infatti, permette di valutare gli effetti del cambiamento climatico e delle pressioni antropiche sull’ecosistema marino. “Proprio per la disponibilità di dati storici e il loro costante aggiornamento, la stazione C1- aggiunge Cataletto - fa parte della rete italiana di ricerca ecologica a lungo termine (LTER-Italia) che è a sua volta parte di quella internazionale ILTER (International Long term Ecological Research).

La presenza al convegno di ricercatori sloveni e croati e dei loro colleghi veneti ed emiliano-romagnoli non è casuale. "Rovigno e Pirano - precisa Paola Del Negro, ricercatore del Dipartimento di Oceanografia Biologica - sono punti di osservazione importanti per lo studio delle acque adriatiche che entrano nel Golfo di Trieste mentre il Veneto e l’Emilia-Romagna sono in grado di caratterizzare le acque che lasciano il bacino".

"La sintesi e il confronto dei dati che intendiamo realizzare in queste due giornate - dice Michele Giani, chimico del Dipartimento di Oceanografia Biologica - ci permetterà di avere un quadro aggiornato delle tendenze nel nostro ecosistema e di confrontarle al contempo con uno più generale. Tra i primi risultati, infatti, c’è il dato seguente: col passare degli anni questa parte di Adriatico si è gradatamente impoverita, l’intero sistema è diventato meno trofico. A causa dei cambiamenti climatici è cambiata la modalità e l’intensità delle precipitazioni, e con esse l’apporto di acque dolci fluviali in questa parte di mare".

Nel corso della prima mattinata sono state presentate anche ricerche relative alle correnti, dalle quali è emerso che nell’ultimo decennio si è verificato un incremento di temperatura e salinità a causa di un afflusso di acque più salate provenienti da Sud; sono stati descritti dati pluviometrici raccolti nel lungo periodo dai ricercatori del CNR-ISMAR (dal 1934 a oggi); dati sulla temperatura e la salinità del mare; ed è stato presentato uno studio sulla clorofilla marina rilevata dagli oceanografi di OGS mediante l’uso di dati satellitari e analizzata mediante un algoritmo costruito appositamente per il mare Adriatico.

Il convegno prosegue venerdì 3 dicembre con le ultime presentazioni, e la tavola rotonda sugli scenari futuri per il Golfo di Trieste.


Fonte: Ufficio stampa - Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale - OGS