Antichi documenti e fonti, scritti anche in dialetto di secoli fa, sono stati tradottì dall'Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale (Ogs) di Trieste, e dall'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) di Chioggia (Venezia), per capire come sono cambiate le comunità ittiche nel Mare Adriatico negli ultimi 200 anni.

I ricercatori dei due istituti hanno messo a punto un metodo che consente di ricavare informazioni semi-quantitative a partire da descrizioni qualitative e aneddotiche del passato. La ricerca è stata appena pubblicata dalla rivista "PlosOne" e il metodo sta ottenendo consensi in tutta la comunità di ricercatori marini coinvolti in studi sulla fauna ittica.

I dati scientifici più affidabili coprono al massimo gli ultimi 50 anni e non permettono quindi analisi e valutazioni sui cambiamenti e l'impatto di eventi verificatisi nel lungo periodo. Resoconti dettagliati di naturalisti risalenti all'800 sono abbondanti, con interviste ai pescatori, diari di bordo, dipinti, fonti preziose di catalogazioni qualitative passate. Il metodo di Ogs e Ispra ha permesso la conversione di queste osservazioni in dati numerici, con la comparazione delle scale di misura dell'epoca con i dati attuali.

I rapporti sono stati ricavati da archivi, musei e testi naturalisti; i primi risalgono al 1818. Un primo elenco di 255 specie ittiche ha rappresentato la base di partenza, classificate come molto rare, rare, comuni, molto comuni, e raggruppate per quarti di secolo. Cambiamenti a lungo termine relativi alle comunità ittiche dell'Alto Adriatico, già individuati dallo studio, confermano una graduale e marcata diminuzione dei condroitti (squali, razze), la rana pescatrice, il merluzzo, la cernia bruna. Lo studio punta ora ad ampliare la finestra temporale delle analisi, in modo da creare un quadro più remoto di particolari ecosistemi marini.