Con la vista sulle vele ormeggiate sulle banchine di molo Sartorio in una Trieste già in festa per la Barcolana, progettisti e architetti navali hanno incontrato il pubblico nella sede dello Yacht Club Adriaco per la sessione pomeridiana dell’evento “L’isola Trieste: fra culture di terra e di mare”, programmata in due giornate (3 e 5 ottobre).
Un evento speciale che per la prima volta è riuscito a riunire un club nautico, un museo e un’università.
All’evento, infatti, hanno collaborato lo Yacht Club Adriaco, l’Associazione Derive d’Epoca (AIDE) e il Dipartimento di Filosofia, Lingue e Letterature dell’Università di Trieste con l’intento di far confluire una pluralità di competenze (tecniche, letterarie, artistica e storico-sociali) in un unico programma di ricerca per studiare i sensi e significati del mare nella storia culturale di Trieste.

Giovanni Panella, giornalista genovese ed esperto di storia marittima, ha introdotto il concetto di “tradizione”, punto di partenza del convegno "Progetti, tradizione e tecnologia: in gara con il mare", sottolineando il rapporto dialettico, complesso, contraddittorio e non ancora risolto nel mondo dello yachting tra "tradizione" e "innovazione".
Uno sguardo all’indietro, attraverso le foto dei primi yacht costruiti dalla seconda metà dell’Ottocento, ha evidenziato quanto forte era il legame tra il mondo dello yachting e il mondo del trasporto via mare: gli scafi degli yacht erano, infatti, tutti scafi di barche da lavoro, già oggetto di migliorie e sviluppo nel corso dei secoli.

Lo dimostra la Star, di cui ne ha portato la testimonianza Davide Battistin, rappresentante della Flotta Star e membro della Commissione ORC. L’antenata è probabilmente la sharpie, una imbarcazione da lavoro utilizzata per la pesca delle ostriche.
Da cent’anni la Star rimane sulla cresta dell’onda. Si tratta di una barca a spigolo con pinna e timone separato, con uno scafo le cui linee sono rimaste le stesse fin dall’anno della sua progettazione, nel 1911. L’imbarcazione ha vissuto un’evoluzione importante, nell’armo e nei materiali, fino agli anni Settanta, quando ha raggiunto, forse, il suo limite evolutivo pur rimanendo una barca di prestazioni eccellenti, estremamente sensibile, l’ultima "non planante" dotata di chiglia.

Sul legame tra tradizione e innovazione è intervenuto anche l’architetto Riccardo Pergolis, che ha diretto i lavori di ricostruzione e restauro dello yacht ultracentenario "Roberta III". La lunga storia dell’imbarcazione ha infatti richiesto un’accurata ricerca nel passato, un’attività fondamentale per poter valutare e ricostruire sapientemente un vero gioiello di architettura navale.

Ma come si arriva alla progettazione di un’imbarcazione?
Per il progettista Federico Lenardon, la ricerca di imbarcazioni passate da rivedere e riproporre rappresenta una fase fondamentale nel processo di progettazione. La barca nasce da un’ispirazione rubata da un quadro, da una banchina o da un porticciolo con le vele ormeggiate. Dopo una prima esperienza positiva commissionata dal presidente dell’AIDE Marco Garofalo, presente all’incontro, nasce all’interno del Cantiere Alto Adriatico l’idea di riprendere le caratteristiche dell’imbarcazione appena finita, per costruire una barca a vela che ha ottenuto un buon successo, il Feather, un po’ più grande rispetto al "modello" da cui si ispira, e con lo scafo in legno, da produrre in serie.
Dall’ideazione del concept si passa poi alla elaborazione delle tavole, del piano legno e del piano ferramenti.

Oggi la ricerca in campo navale si spinge oltre, risultando essere di notevole supporto all’attività di progettazione. Ne hanno discusso Edoardo Busetto della Sincrotrone Trieste, Fabio Bressan del Consorzio Artemis di Coppa America e i progettisti Maurizio Cossutti e Guglielmo Giotto.

Per conto del Cantiere Alto Adriatico, l’ente di ricerca ha messo a punto dei dispositivi elettronici da posizionare in specifici punti dello scafo per acquisire dati per il controllo delle deformazioni in acqua.
L’innovazione e la tecnologia riescono oggi a intervenire nelle fasi delicate di studio che precedono la realizzazione di una barca, e cioè nella fase di studio dei pesi e delle forze, e nella progettazione del piano velico e delle forme di carena. Le caratteristiche tecniche dell’imbarcazione, come ha ricordato Maurizio Cossutti che ha progettato il Bonin 358, primo progetto italiano per regate con regolamento IRC, devono rispettare specifici limiti, dettati dai regolamenti di legge vigenti (regolamenti IRC e ORC). Il regolamento di stazza - ha spiegato - è nato nel 1854 in Inghilterra ed è stato elaborato per poter permettere a barche di diverse dimensioni di regatare tra loro.

Con parametri uguali possono essere creati diversi scafi ed è qui che interviene la tecnologia: ad esempio, con un determinato programma al computer si possono mettere a confronto diversi modelli di carena, a parità di armamento velico, con l’obiettivo, naturalmente, di progettare una barca che rispetti i limiti di legge e sia il più veloce possibile.
Delicate e non meno importanti le fasi di studio dei pesi (albero, coperta, arredi ecc.) per capire che tipo e che quantità di materiale occorre utilizzare per equilibrare le forze e la fase di studio del comportamento della barca in acqua, la "fluidodinamica", la cui evoluzione ha raggiunto oggi livelli tali da permettere di studiare le forze che agiscono in ogni punto dello scafo.
Dove ci porterà la tecnologia? La gara tra l’innovazione e il mare non sembra ancora essere finita.


Elisa Tunini

Scarica il programma dell'evento del 3 ottobre e del 5 ottobre.