C'è una caduta libera degli ordini di nave da crociera, traghetti e grandi navi mercantili, i cantieri navali stanno esaurendo tutti i carichi di lavono, molte aziende si stanno ponendo seri interrogativi sul "come cavarsela" e l'intero settore dei cantieri rischia oggi di vedere la sua massa critica scendere al di sotto della soglia di sostenibilità. Gravissima la situazione dell'Italia che pur avendo un settore fortissimo con il cantiere migliore del mondo (Fincantieri che detiene il 50% del portafoglio ordini del comparto globale) si trova con ordini pari a zero tra gennaio e settembre. A lanciare l'allarme è Assonave (che raccoglie tutte le più importanti aziende navalmeccaniche) attraverso la relazione del suo presidente Corrado Antonini (presidente pure di Fincantieri).
Contro questo anno di stagnazione Antonini all'assemblea che si è tenuta a Roma alla presenza del Commissario Ue ai trasporti, Antonio Tajani, ha chiesto "Subito un piano di stimoli Ue e commesse pubbliche da parte di corpi dello Stato e delle aziende (piattaforme off-shore, carceri galleggianti)" oltre che il "pagamento, atteso da anni, di contributi ad armatori e cantieri a valere sulle vecchie leggi".

Ma ecco, in versione integrale, il testo della relazione del presidente Antonini all'assemblea di Assonave.

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Signori Associati, Signori Aderenti,
all’Assemblea di settembre dello scorso anno così aprimmo la nostra Relazione: “Super cycle è stato definito quello che dal 2003 al 2007 ha caratterizzato l’industria cantieristica mondiale, pressata da una ondata di ordinativi”. E poco oltre: “Già evidenti in questa prima metà del 2008 sono comunque i segni del rallentamento della domanda”.
Un rallentamento, purtroppo, che già a ottobre si era trasformato in caduta libera, e così prolungata da porre oggi alle imprese di costruzione mercantile, con l’esaurirsi dei carichi di lavoro, seri interrogativi sul “come cavarsela”.
Gli effetti della crisi sono evidenti ovunque mentre si moltiplicano gli interventi d’urgenza da parte dei Governi.
In Europa si invocano selettive misure di supporto a una cantieristica la cui potenzialità, fin dagli anni ’90, si è responsabilmente adeguata ai fabbisogni quantitativi e qualitativi dei segmenti di mercato prescelti, nel quadro della strategia comunitaria per il settore: una industria tecnologicamente molto avanzata – nel “mercantile” come nel “militare” - che rischia oggi di vedere la sua massa critica scendere al disotto della soglia di sostenibilità.
Negli altri comparti della navalmeccanica, si mantiene ancora soddisfacente il mercato delle riparazioni e trasformazioni navali, ma in prospettiva preoccupa la diminuita redditività delle società armatoriali nonché la crescita delle navi in disarmo o avviate alla demolizione.
Nel settore delle navi militari, prosegue in Italia il programma di rinnovo della Marina, presupposto necessario anche per l’aggiudicazione di commesse dall’estero e il consolidamento della struttura produttiva.

I MERCATI DELLA CANTIERISTICA MERCANTILE
- Lo shipping in generale
A livello mondiale, il boom di domanda degli anni passati, sostenuto da un clima finanziario molto favorevole, ha alimentato un portafoglio ordini che a fine 2008 era di oltre 9.700 navi per 190 milioni di tonnellate di stazza lorda compensata - tslc (in appresso t.), a fronte di una capacità produttiva cantieristica intanto salita a circa 50 milioni di t./anno a seguito dei massicci investimenti nel Far East.
Nel 2008, la domanda di costruzioni (43,7 milioni di t.) si dimezzava rispetto al picco del 2007, quasi “normalizzandosi” tuttavia in ragione d’anno ma con la particolarità di concentrarsi nei primi 8 mesi. I pochi ordinativi 2009, pari a tutto settembre a 7,9 milioni di t., sono il riflesso essenzialmente della domanda interna di Giappone e Cina.
Il fenomeno ha colpito pesantemente sia il trasporto standard che quello high tech, così come tutte le tradizionali grandi aree costruttrici.
Questo dunque l’impatto sui cantieri della crisi che ha investito lo shipping per il combinato effetto della stretta creditizia, della caduta del valore delle navi poste a garanzia dei finanziamenti e del crollo dei noli, seguito al brusco rallentamento del commercio internazionale.
Da qui il rapido crescere del numero delle navi in disarmo, ivi incluse alcune di quelle appena ritirate dal costruttore. Nel solo comparto delle portacontainer le unità inattive sono più di 500.
Ma a peggiorare le condizioni del mercato, anche nel rapporto tra armatore e cantiere, sta il fenomeno della cancellazione degli ordini. Oltre la metà del portafoglio di fine 2008, stimato in 540 miliardi di Dollari, non era ancora finanziato, per cui via via più aleatori si sono fatti i contratti per navi con consegna dal 2010. Ne sono coinvolti in varia misura soprattutto costruttori del Far East, ma non ne è al riparo la stessa Europa.
L’Associazione dei cantieri tedeschi, in particolare, ha denunciato il venir meno, per questa causa, di oltre un terzo del portafoglio ordini nazionale, stante ancora la massiccia presenza di navi portacontenitori.
A livello mondiale, la “scrematura” in atto con l’uscita dei soggetti - armatori e cantieri - più deboli e marginali come pure di quelli più speculativi, viene peraltro ritenuta poca cosa a fronte dell’enorme surplus di capacità produttiva venutasi a creare in entrambi i settori. E il processo di riequilibrio rischia di avere come freno – è già avvenuto in passato - il diffondersi di indiscriminati aiuti pubblici alle industrie nazionali, che potrebbero prolungare la sopravvivenza di cantieri non competitivi ed aprire la strada a comportamenti sleali in un clima di guerra dei prezzi.
Nell’immediato, la drastica riduzione del carico di lavoro e la richiesta di numerosi armatori di posticipare le consegne stanno portando alla mancata saturazione della capacità produttiva. Ne escono comunque compromessi i risultati economici delle commesse, quando anche non vengano rimessi in discussione i prezzi contrattuali delle stesse.

- Le navi passeggeri
Nel 2008 è emerso che neppure il mondo crocieristico - il più dinamico dell’industria turistica con una crescita media annua di oltre il 7% dal 1990 - era al riparo dalla crisi. La riduzione della capacità di spesa di larghi strati della popolazione USA, massima “consumatrice” di crociere, ha arrestato la crescita del mercato statunitense, compensata tuttavia dal consistente incremento di quello europeo. L’imperativo di “riempire le navi”, seppure a scapito della redditività, è stato comunque raggiunto e confermato nell’anno in corso, grazie a pressanti campagne promozionali nei vecchi e nuovi bacini di utenza.
In questa situazione di ridotta redditività e perdurante incertezza nelle previsioni, i grandi operatori del settore hanno optato per una politica attendista quanto ai futuri programmi di investimento in nuove unità, programmi comportanti elevati fabbisogni finanziari, cui trovare copertura. Si aggiunga, come fattore tutt’altro che secondario, la crescente debolezza del Dollaro soprattutto nei confronti dell’Euro.
Sta di fatto che nel 2008 sono state ordinate al mondo solo 3 navi da crociera superiori alle 10.000 t, contro le 16 del 2007 e le 13 del 2006; e in questi mesi del 2009 non è stato ancora perfezionato alcun ordine.
Tuttavia il mercato delle crociere, pur in un contesto di crisi, è uno dei pochi comparti economici ad aver mantenuto un trend di crescita, anche se con tassi inferiori a quelli degli anni precedenti; tassi che, si stima, dovrebbero mantenersi, a medio termine, su livelli attorno al 4% annuo.
In questo settore i segnali relativi ad un possibile esaurirsi della crisi sono quindi più incoraggianti.
La finalizzazione di contratti si giocherà su due fattori: prezzi e condizioni finanziarie, soprattutto all’export; per queste ultime risulteranno cruciali sia l’entità della copertura che il costo dell’assicurazione, soprattutto nel raffronto con i sistemi operanti nei Paesi nostri concorrenti (Francia, Finlandia e Germania) in questa qualificatissima nicchia di mercato.
Ma in uno scenario quale quello descritto per le navi da trasporto, con i coreani alla disperata ricerca di nuovi sbocchi, sono oggi da temere altri tentativi di entrata nel settore delle navi passeggeri, dopo il noto ingresso del gruppo STX attraverso l’acquisizione di Aker Yards e con la successiva creazione di STX Finland e STX France, entrambe attive in questo settore. Lo Stato francese ha poi ritenuto di dover intervenire direttamente nel capitale di quest’ultima per confermare una presenza “nazionale” nel comparto.
Dal punto di vista costruttivo la nave da crociera è il risultato, si sa, di un sforzo congiunto cantiere-fornitori nell’assemblare tante e non comuni capacità, governando le quali l’industria europea ha potuto prendere le distanze dalle produzioni di massa dei cantieri asiatici.
Motivi di preoccupazione desta pertanto l’eventualità di una prolungata stasi negli ordinativi, tale da spingere alcuni fornitori a defilarsi dal comparto navale o persino a cessare l’attività. Ne uscirebbe indebolito un patrimonio di competenze di valore strategico e di non facile ricostituzione al momento della ripresa.
Più in generale, compagnie crocieristiche e costruttori condividono, per così dire, una grande responsabilità nei confronti di questo business, che oltre a movimentare cospicui capitali per gli investimenti in navi (il cui costo medio supera i 500 milioni di Dollari), ha forti ricadute economiche e occupazionali su varie componenti del cluster marittimo e sul cruise tourism in particolare. Soltanto in Europa al settore cruise è riconducibile un valore di 14,2 miliardi di Euro in spese dirette ed un’occupazione di 150.000 addetti, tutti europei.
Anche nel comparto traghetti sono stati emessi nel 2008 pochissimi ordini: solo 9 per unità sopra i 150 metri contro i 16 del 2007. Preoccupa il rarefarsi delle trattative, non solo perché non si concretizzano ordini, ma anche per le conseguenze che ciò comporta sul piano ambientale e della sicurezza dei mezzi: all’interno della flotta mondiale, quella dei ferry è l’unica caratterizzata da un’età media elevata (oltre 25 anni). In Europa, 140 unità (il 22%) dei traghetti che operano nel Mare del Nord, Baltico e Mediterraneo ha superato i 30 anni, e gran parte di essi è concentrata proprio nel Mediterraneo.
Ancora una volta la difficoltà di accesso al finanziamento appare il principale ostacolo all’avvio di programmi d’investimento.
In positivo vi è che lo svecchiamento e potenziamento della flotta ferry rientra ormai nella politica comunitaria del trasporto, che tra i suoi obiettivi persegue anche il miglioramento delle prestazioni in fatto di sicurezza e protezione dell’ambiente.
Recentemente il Vicepresidente e Commissario Ue ai Trasporti, Tajani ha presentato un documento sulle nuove strategie dell’Unione in questo settore. Il futuro sarà l’integrazione delle autostrade del mare con i corridoi terrestri, e già sono previsti i primi investimenti in infrastrutture. Si tratta in effetti di una nuova strategia basata su innovazione tecnologica, tutela ambientale e connessione con i Paesi limitrofi all’Unione, “attraverso regole comuni, sinergie e rotte”.
In questo contesto è in corso a Bruxelles un serrato dibattito sul come rivitalizzare il mercato dei traghetti nelle varie tipologie, oggi più che mai di grande interesse per i cantieri comunitari di ogni dimensione, come diremo qui di seguito.

IL RUOLO DELL’UNIONE EUROPEA
Con LeaderShip 2015 – programma organico concordato nel 2005 con l’industria - la Commissione aprì la via per una effettiva politica industriale nel nostro settore. Anche se per molte delle azioni avviate - salvo l’incentivo all’innovazione - resta ancora parecchio da fare.
Con l’aggravarsi della crisi, peraltro, risulta oggi di prioritaria importanza, per quanto tocca il sistema cantieri/fornitori, la messa in atto di interventi straordinari che servano ad evitare la scomparsa, o l’ulteriore pesante riduzione, di una buona parte dell’attuale capacità produttiva comunitaria, posto che la domanda di nuove costruzioni è prevista ancora a livelli bassissimi per tutto il 2010 e verosimilmente il 2011.
Le più esposte appaiono le PMI, caratterizzate da profili finanziari deboli e da una copertura, in termini di carico di lavoro, mediamente riferita al solo breve termine.
In relazione a tali difficoltà, recentemente il CESA - l’associazione cantieristica europea che riunisce le varie associazioni nazionali - su proposta italiana, ha promosso un’iniziativa a livello di Commissione Europea per l’adozione di un provvedimento transitorio per salvaguardare tecnologia, professionalità e strutture in vista della ripresa, che nei settori di elevata specializzazione si prospetta meno lontana nel tempo.
Il provvedimento dovrebbe concretizzarsi in misure di stimolo della domanda, finalizzate all’eliminazione dalle acque europee del naviglio obsoleto con bandiera comunitaria (prevalentemente ferries e Ro-Ro) ed alla sua sostituzione - supportata da incentivi nella forma di “eco bonus” - con unità avanzate sotto il profilo ambientale e della sicurezza.
Tale provvedimento di rinnovo, che non andrebbe ad accrescere i surplus di stiva temuti da alcuni armatori, dovrebbe essere accompagnato da un programma di supporto finanziario agli investimenti gestito dalla BEI.
L’auspicio è che, stante la gravità della situazione, le Autorità di Bruxelles accolgano questa proposta in tempi ragionevolmente brevi e in uno schema di riferimento che rappresenti un input omogeneo per le singole Amministrazioni nazionali.
Sul piano operativo, la proposta è stata presentata all’attuale Commissione, nelle persone dei Vice Presidenti Verheugen e Tajani, ottenendo il loro consenso.
Del pari, è stato proposto un emendamento alla commissione bilanci del Parlamento Europeo con il quale si chiede alla Commissione di sviluppare azioni di incentivo alla sostituzione delle navi obsolete con mezzi avanzati in termini di tutela dell’ambiente e della sicurezza. L’emendamento prevede, già per il prossimo anno, 4 milioni di Euro di impegno per un progetto pilota in tal senso.
Infine, sul tema è stato informato il Presidente Barroso, in modo che la nuova Commissione possa pronunciarsi al più presto, dopo il suo insediamento, sulla base di quanto già acquisito.

LA CANTIERISTICA ITALIANA
- Le costruzioni mercantili
Gli straordinari livelli toccati nel 2007 dai principali indici di attività della costruzione mercantile nazionale hanno registrato nel 2008 e in questi 9 mesi del 2009 notevoli contrazioni.
Se resta significativo il tonnellaggio complessivo delle navi consegnate nel 2008, pari a 684.000 t. e circa 2,4 miliardi di Euro, è senza precedenti la caduta dei nuovi ordini, pressoché azzeratisi in questi ultimi 18 mesi, con la conseguente riduzione del 30% del “portafoglio”, sceso lo scorso settembre a 1,47 milioni di t.
Navi da crociera – costruite in pochi grandi cantieri – e traghetti continuano a qualificare la nostra industria, incidendo sul tonnellaggio per circa l’86%. Qualificante è anche la presenza nel settore delle unità di supporto all’offshore, mentre ormai marginale è la produzione di product/chemical tankers.
Carenza di nuove commesse e alcune cancellazioni di ordini hanno dunque assottigliato i carichi di lavoro al punto da far emergere crescenti “scoperture” e rendere inevitabile un diffuso ricorso alla CIG.
Si è detto che non sarà semplice sostenere l’auto e non altri settori in difficoltà. La cantieristica è anch’essa un’espressione di elevata tecnologia nel settore manifatturiero con, per di più, un’alta intensità di manodopera. Le sue potenzialità, alle quali concorre in misura determinante un intorno di centinaia di qualificate aziende fornitrici, andrebbero quindi salvaguardate, peraltro con un esborso per lo Stato relativamente modesto, specie se comparato al costo, economico oltre che sociale, di una eventuale inazione.
I principali interventi che invochiamo sono sostanzialmente di duplice natura: l’una volta a tamponare l’emergenza, l’altra ad accrescere la competitività del settore.
Appartengono alla prima:
• l’avvio di un piano di commesse pubbliche (vari Corpi dello Stato e Aziende) per far fronte alle ”scoperture” nei cantieri, sulla scorta di quanto già da tempo avviato soprattutto in Germania e in Francia;
• l’adesione concreta alla descritta proposta di un intervento straordinario sotto la regia della Ue per il rinnovo della flotta di traghetti;
• il pagamento, atteso da anni, dei contributi ad armatori e cantieri a valere su vecchie leggi, dando così notevole sollievo economico/finanziario a non poche aziende.
Fanno invece parte del secondo gruppo:
• il sostegno agli investimenti volti a migliorare la produttività dei cantieri;
• gli aiuti sistematici alla ricerca e all’innovazione, con particolare riguardo al rifinanziamento della Lg. 27 dicembre 2006, n. 296, relativa ai contributi all’innovazione industriale, quale conseguenza della proroga al 31.12.2011 della Disciplina comunitaria in materia, e l’attuazione, di concerto con le Regioni, delle azioni connesse con il Programma Industria 2015. Con riferimento a quest’ultimo punto, è significativo il ruolo che potrà essere svolto sul territorio dai Distretti Tecnologici dedicati all’attività marittima; ve ne sono tre già operativi – in Friuli Venezia Giulia, in Liguria ed in Sicilia - che potranno rappresentare un importante riferimento per gli operatori del settore, in particolare per le PMI;
• ed infine, l’allineamento degli strumenti finanziari e assicurativi a quelli vigenti in altri Paesi dell’Unione; lo chiediamo con forza per evitare il paradosso di avere aziende competitive che non sono sostenute, a livello di sistema paese, nei mercati di esportazione. A maggior ragione ove si consideri che il nostro settore esporta più del 50% del valore prodotto.
Questo ”pacchetto” di misure anticrisi, come noto, è stato oggetto lo scorso 14 Ottobre di un positivo confronto con le Associazioni di settore e le OSL presso il Ministero dello Sviluppo Economico. Individuate le linee di intervento, il Ministero produrrà in tempi brevissimi un documento contenente sia azioni per l’emergenza sia quelle finalizzate a un rafforzamento strutturale della cantieristica navale italiana. L’apertura di un tavolo permanente per il nostro settore consentirà infine di aggiornare, all’occorrenza, gli sviluppi delle principali tematiche.

- La riparazione e trasformazione navale
In questi ultimi anni il mercato si è caratterizzato per livelli di domanda soddisfacenti in tutti i comparti, grazie in primo luogo al crescere delle flotte e al relativo fabbisogno di manutenzione, in particolare nel segmento delle navi di grandi dimensioni.
Significativi sono stati anche gli interventi di manutenzione straordinaria e di refitting di navi passeggeri, attività che dovrebbe essere alimentata nei prossimi anni dalle numerose navi che hanno ormai raggiunto la “mezza vita”.
Anche in relazione a tali opportunità, in Italia, il Gruppo Fincantieri ha riattivato il polo di riparazioni di Trieste in linea con l’indirizzo volto ad offrire un servizio globale ai suoi clienti durante il lifecycle delle loro navi.
Di contro, si teme l’impatto sul mercato della minore propensione alla spesa in manutenzione da parte dell’armamento, stante lo stato di crisi del settore.

- Le costruzioni militari
Anche le industrie della difesa non sono rimaste immuni dagli effetti della crisi mondiale. Sul mercato della cantieristica militare a livello mondiale, a fronte di un volume di ordini nel 2008 per complessivi 12 miliardi di Euro, già in calo di oltre il 25% in termini di valore rispetto al 2007, nei primi sette mesi del 2009 si sono registrate commesse per 4,3 miliardi.
Particolarmente colpita risulta la cantieristica europea, stante la sua strutturale esigenza di compensare i contenuti fabbisogni nazionali con l’export, peraltro caratterizzato da una crescente domanda di trasferimenti tecnologici e dalla richiesta di realizzare le unità presso il committente.
Difficilmente l’ipotizzata creazione di un mercato unico di sistemi per la difesa e la sicurezza, avviata con l’approvazione ad inizio d’anno delle due Direttive sull’interscambio comunitario e sugli appalti pubblici, potrà creare condizioni competitive più favorevoli per un settore che è ancora caratterizzato - specialmente in campo navale - da una forte disomogeneità dei requisiti operativi e dalla conseguente difficoltà di pervenire a nuovi programmi di tipo cooperativo, oltre a quelli nei quali il nostro Paese è già impegnato con Francia e Germania.
In tale contesto è per noi di grande conforto che nel 2008 la Marina Militare Italiana abbia assegnato importanti ordinativi alla nostra cantieristica la quale, a sua volta, è stata in grado di acquisire significative commesse all’export.
Ci si riferisce:
• alla seconda tranche (4 unità) del programma italo-francese FREMM e alla seconda coppia di sommergibili tipo U212A nell’ambito del programma di cooperazione con il German Submarine Consortium;
• alle significative affermazioni conseguite sul mercato estero ove si segnalano i contratti: con l’India per la costruzione di una nave rifornitrice di squadra cui è seguito l’esercizio dell’opzione per un secondo mezzo nel 2009, il refitting di due unità veloci lanciamissili per il Kenya ed infine, il perfezionamento di un contratto per una corvetta per la Marina degli Emirati Arabi Uniti.

Va da sé che la penetrazione sui mercati esteri è tanto più efficace quanto più i prodotti offerti sono well proven e comunque l’industria abbia dato importanti prove di sé. Basta citare, quest’anno, la portaerei Cavour, nuova ammiraglia della flotta e sintesi dell’esperienza maturata dalla base produttiva nella costruzione di navi complesse e ad alta tecnologia, quali quelle contemplate dal programma di ammodernamento della MMI.
• La spinta all’internazionalizzazione della nostra industria ha trovato ulteriore conferma in quest’ultimo biennio con l’accesso al mercato USA. Come noto, Fincantieri ha acquisito la società Manitowoc Marine Group, operazione a cui partecipa la statunitense Lockheed Martin Corporation con una quota di minoranza. Tale acquisizione consente di accedere all’importante mercato della difesa statunitense. Il gruppo è parte del consorzio, guidato dalla Lockheed Martin Corporation, impegnato nel programma Littoral Combat Ship (LCS) relativo alla costruzione di 55 navi per la Marina Statunitense e proprio ad inizio 2009, dopo la consegna della prima unità, questo consorzio si è aggiudicato il contratto per la realizzazione della terza nave del programma.
Da parte nostra, il doveroso apprezzamento dell’opera svolta dalla MMI nella protezione dei traffici marittimi dalla pirateria nonché nell’interdizione, assieme alla Guardia Costiera e alla Guardia di Finanza, dell’immigrazione clandestina nel Mediterraneo ci porta anche ad auspicare la costruzione di nuovo naviglio che possa consentire di far meglio fronte alle aumentate esigenze di queste missioni.

Signori Associati, Signori Aderenti,
Stiamo vivendo una fase recessiva dell’economia che non sappiamo ancora quali effetti conclusivi avrà sulla nostra industria. Siamo però convinti che questa fase, per quanto dura, non segnerà la fine della globalizzazione. Confidiamo in una ripresa del commercio mondiale e quindi nel ruolo primario che l’industria armatoriale è chiamata a svolgere.
L’ “attraversata del deserto”, tuttavia, non sarà breve né di poco momento: per lo shipping come e ancor più per l’industria cantieristica, perché il riequilibrio tra domanda e offerta di stiva sarà comunque meno sofferto del riassorbimento del surplus di capacità produttiva della cantieristica, che procede per duri processi di ristrutturazione.
Rispetto alle drammatiche crisi settoriali degli anni ’70 e ’80, tuttavia, questa volta la navalmeccanica italiana – ho la personale presunzione di affermarlo - si presenta in condizioni decisamente diverse. Già da tempo è all’avanguardia in Europa nel processo di spinta qualificazione del settore, ed è tra i campioni della cosiddetta old economy, anche in termini di apporti all’attivo della bilancia commerciale del nostro Paese e, più in generale, all’affermazione del “Made in Italy” sui mercati internazionali.
Riteniamo quindi che il nostro settore debba poter contare, e in tempi brevi, su un sostegno pubblico atto a fronteggiare la gravissima emergenza in atto e a rafforzare la propria posizione competitiva, così da arrivare pronto alla ripresa dei mercati
Per quanto di diretta competenza delle imprese - cantieri e aziende dell’indotto - non è certo rituale l’appello al senso di responsabilità di tutti: proprietà, dirigenza, maestranze e organizzazioni sindacali. Perché nel descritto scenario competitivo – è ormai evidente - quella da vincere è prioritariamente una partita per la sopravvivenza.
Chi riuscirà ad emergere sarà più forte di prima, ed è questo l’obiettivo dell’industria metalmeccanica italiana.

6 novembre 2009